Qualor da bel desio

Giuseppe Salomoni

Indice:AA. VV. - Lirici marinisti.djvu Letteratura VII. Il riso Intestazione 9 agosto 2022 100% Da definire

Oh quanto a te degg'io Già menzognero e stolto
Questo testo fa parte della raccolta Giuseppe Salomoni
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VII

IL RISO

     Qualor da bel desio
tratto gli occhi e la mente,
gli occhi e la mente al mio bel sole affiso,
sí dolce al guardo mio
si scopre e sí lucente,
che da me dolce il cor resta diviso.
D’oro è il crin, d’ostro il viso;
ma piú che l’oro e piú che l’ostro eletto
il crine arde e fiammeggia,
il viso arde e lampeggia;
d’alabastro è la man, d’avorio il petto,
e nel bel ciglio splende
fiamma d’amor che mille fiamme accende.
     Ma se per mia ventura
riso lucente e chiaro
scopre fra tanti rai sue fiamme accese,
luce mirar piú pura,
raggio trovar piú caro,
non san le luci a rimirarlo intese.

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Riso vago e cortese,
riso figlio del cor, pregio sovrano
di natura e splendore
di bellezza e d’amore,
teco contende, a te s’agguaglia invano
bianco sen, nero ciglio,
bianca man, biondo crin, volto vermiglio.
     Tu, dolcemente uscendo
fuor per gli interni calli,
quasi da fosco ciel chiaro baleno,
e dolce un uscio aprendo
di perle e di coralli,
m’apri soavemente il core e ’l seno.
Quel tuo dolce sereno
sí dolce foco entro il suo lume asconde,
ch’ognor piú l’alma mia
accesa esser desia;
sí chiari ognor, sí dolci ognor diffonde
quei raggi ond’io m’accieco,
che tanto veggio sol quanto son cieco.
     Tu l’alma ardente e vaga
fèri e pungi a tua voglia,
e sei fulmine al cor, se lampo agli occhi;
ma sí dolce è la piaga,
sí soave la doglia,
che d’estremo piacer vien ch’io trabocchi.
Sí dolce il cor mi tocchi,
riso dolce e gentil, sí vago sei,
che spesso in fra i martíri
ridono i miei sospiri,
ridon nel cor ridente i dolor miei,
e dolcemente intanto
ne le luci e nel cor ride il mio pianto.
     Quanto dal ciel si serra,
quanto è nel cielo accolto
ride e nel riso sol vago si mostra.

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Ridente è della terra
il verde grembo e ’l volto,
e di ridenti fior s’orna e s’inostra.
Ne la sua cupa chiostra
con crespo volto il mar ride ed affrena
l’aura che stride e geme,
l’onda che piange e freme.
Ride al riso del mar l’aria serena,
e negli aerei campi
ridon le nubi e son lor riso i lampi.
     Ride spiegando il velo
e di ridenti orrori
la notte il chiaro volto a l’aria imbruna;
e di ridente gelo
spargendo l’erbe e i fiori,
nel suo ridente ciel ride la luna.
Per l’ombra azzurra e bruna
nel notturno seren spiegan le stelle
ridenti i crini d’oro,
ridenti i raggi loro;
e con le rose sue ridenti e belle
fa l’alba in ciel ritorno,
tutta ridente dal balcon del giorno.
     Scopre ridendo il sole,
quando al ciel splende e s’erge,
di ridenti fiammelle il crine ornato;
e pur ridendo sòle,
quando nel mar s’immerge,
tuffar tutto ridente il carro aurato.
Riso, riso beato,
tanto hai di bello in te, tanto in me puoi,
che, sciolto il fren tenace
a la favella audace,
omai dirò ch’un sol de’ raggi tuoi
faria, tra ’l pianto eterno,
quasi sereno ciel rider l’inferno.

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     Canzon, figlia del riso, indegna figlia
di padre sí gentile,
sol tu resti al suo lume oscura e vile.