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giuseppe salomoni 275

Riso vago e cortese,
riso figlio del cor, pregio sovrano
di natura e splendore
di bellezza e d’amore,
teco contende, a te s’agguaglia invano
bianco sen, nero ciglio,
bianca man, biondo crin, volto vermiglio.
     Tu, dolcemente uscendo
fuor per gli interni calli,
quasi da fosco ciel chiaro baleno,
e dolce un uscio aprendo
di perle e di coralli,
m’apri soavemente il core e ’l seno.
Quel tuo dolce sereno
sí dolce foco entro il suo lume asconde,
ch’ognor piú l’alma mia
accesa esser desia;
sí chiari ognor, sí dolci ognor diffonde
quei raggi ond’io m’accieco,
che tanto veggio sol quanto son cieco.
     Tu l’alma ardente e vaga
fèri e pungi a tua voglia,
e sei fulmine al cor, se lampo agli occhi;
ma sí dolce è la piaga,
sí soave la doglia,
che d’estremo piacer vien ch’io trabocchi.
Sí dolce il cor mi tocchi,
riso dolce e gentil, sí vago sei,
che spesso in fra i martíri
ridono i miei sospiri,
ridon nel cor ridente i dolor miei,
e dolcemente intanto
ne le luci e nel cor ride il mio pianto.
     Quanto dal ciel si serra,
quanto è nel cielo accolto
ride e nel riso sol vago si mostra.