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274 lirici marinisti

e le rose baciate
con le rose bacianti,
qual famelica pecchia, involo e colgo.
Dai baci al fin mi volgo
con piú dolce desire
dolcemente a morire,
e con la vita mia, col mio tesoro,
restando in vita, esco di vita e moro.
     Qui frena, alma mia stolta,
la lingua audace e sciolta;
pon freno al canto ormai che ti distorna,
e fra il silenzio al tuo pensar ritorna.

VII

IL RISO

     Qualor da bel desio
tratto gli occhi e la mente,
gli occhi e la mente al mio bel sole affiso,
sí dolce al guardo mio
si scopre e sí lucente,
che da me dolce il cor resta diviso.
D’oro è il crin, d’ostro il viso;
ma piú che l’oro e piú che l’ostro eletto
il crine arde e fiammeggia,
il viso arde e lampeggia;
d’alabastro è la man, d’avorio il petto,
e nel bel ciglio splende
fiamma d’amor che mille fiamme accende.
     Ma se per mia ventura
riso lucente e chiaro
scopre fra tanti rai sue fiamme accese,
luce mirar piú pura,
raggio trovar piú caro,
non san le luci a rimirarlo intese.