Proemi attribuiti a Guidotto da Bologna
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TESTO INEDITO DI LINGUA
ATTRIBUITO DALLO SCRITTORE
A FRATE GUIDOTTO DA BOLOGNA
Proemi sopra varie maniere di dire.
Questo è un proemio il quale si può fare sopra diverse materie.
Colui la cui anima ama giustizia e la boce parla dirittura dinanzi a ciascuno con vivo viso può parlare; perciocchè la boce sua è informata di spirito divino. Ciò considerando essere nel mio proposto, accendesi l’animo mio dinanzi da voi amatori di giustizia proporre quello che sia laude di Dio, e accrescimento e bene di tutti noi.
Proemi di giustizia.
Per divino comandamento e naturale dirittura e spresse leggi è il figliuolo tenuto ad ubbidire al padre e alla madre; non dico solamente al temporale, ma intendesi eziandio maggiormente allo spirituale cioè alla santa chiesa.
Colui che è costituito provveditore della chiesa deesi sollecitamente al reggimento d’essa e de’ sudditi attendere, che non offenda Dio, e che ne’ suoi occhi non sia macula d’ingiustizia.
Colui merita degnamente il grado1 il quale o a parenti o amici costretti in necessità provvede.
Siccome alle ingiuste cose non è da dare orecchio, cosi a coloro che domandano quello che degno, niuna domandagione è da dinegare.
A quello che manifestamente induce Justizia e conforta dirittura a ciascuno appartiene d’essere attento acciò che i mali siano puniti, e la ragione in pubblico2 risplenda.
Con ciò sia cosa che quando non si puniscono i mali, si provochino le genti a peccare e la moltitudine de’ peccati si ingeneri3 gravi danni; degnamente merita penitenza chi ciò commette.
A ciascuno rettore s’appartiene di non lasciare i mali impuniti, ma toglierli al postutto con debite pene, sicchè per paura del tormento niuno alle cose illecite4 pervegna, ne le mani a malefici distenda5.
Di cosa onestissima si può dinanzi da voi sicuramente parlare, che voi siete di giustizia scudo; difenditori della ragione, di dirittura amatori, guastatori de’ mali, scacciatori di scandali e refugio de’ miseri: e ciò dà vigore ed a me e a chi ragione intende proporre.
Perciocchè voi siete giusti e nelle vostre opere amate dirittura secondo che chiaramente appare in comune e in diviso, credo che bastino poche parole poscia chè sono informate di giustizia la qual cosa per lo nostro comune si domanda.
Sicuramente favello dinanzi da voi i quali amando giustizia, non abbandonate i miseri e rilevate i caduti e gli rilevati sostengono, gli orfani difendete (e) li giusti esaltate, e io ciò conoscendo non dubito le mie parole aver effetto.
Del buono ed esperto6 giudice gode la cittade, e li cittadini si rallegrano, le ragioni fioriscono; la ragione si riforma7, la dirittura riluce, la menzogna è sottomessa e la veritade esaltata8.
Propria cosa è del buono e savio rettore colla spada di giustizia di fendere9 la pensata malizia li patti ingiusti squarciare10, e’ malvagi testimoni fedire, uccidere i corrompitori delle leggi, soffogare11 le false allegazioni delle lingue, e’ pensieri de’ malfattori tagliare12.
Non offende giustizia, nè contro ragione procede, nè patti rompe cui giusto impedimento scusa. E certo i giusti orecchi non debbono alla scusa essere chiusi. Non è solamente giustizia in13 condannare e punire i rei, ma eziandio liberare e assolvere li non colpevoli.
Le regioni delli pupilli e degli orfani ciascuno rettore dee sollicitamente guardare perciò che spesse volte coloro nelle cui braccia rimangono, li divorano come lupi rapaci.
La prosperevole fortuna del principe ad accrescimento di salute procede all’università de’ sudditi, perchè la gloria e il trionfo delle vittorie con loro si partecipa; cioè piaciuto ecc.
Degno e giusto è che quando il capo14 è infermo l’altre memore si dolgano, perchè quando è in istato di salute partecipano la sua prosperitade, onde secondo il mutamento di lui è quello delle membra.
Sono alquanti, che spesse volte corrono a lamentarsi acciò che accusando gli altrui15 mali si ricuoprano il loro, ma il giusto rettore non dee però a lui mitigare la pena.
Proemi di fortessa d’animo.
La imperiale maiestade dee sempre in uno stato permanere, e gran cosa accidentale non la dee turbare, che in qualunque modo fortuna si versi, il suo potentissimo braccio non può divenire debole, avvegnachè per avversità i suoi trionfi si tardino.
Fondò Iddio la chiesa sopra solidissima pietra, che neuno è si tempestoso commovimento, nè avversità si aspra, ch’elli nè ’l suo pastore possa rovinare16, avvegnachè per le scosse de’ sudditi alquanto si turbi.
Siccome la divina maiestade è sempre in uno stato, e in un volere ricevere il peccatore convertito, così ispera quel vostro comune trovare in voi il grembo della santa chiesa e in lui ricevere apparecchiato.
Le possessioni le quali a’ religiosi luoghi son date acciò che non soggiacciono al gioco della secolare servitude, bisogna che ’l pastore della chiesa difenda con privilegio di libertade.
L’animo femminile per ciascuna lagrima si commove, e ogni cenno la spaventa, ma ’l cuore virile solamente nelle travaglie e nelle brighe mostra sua virtù17.
Per difendere la libertade del suo comune ciascuno fedele cittadino si dee disporre a ogni pericolo; eziandio se bisogna morire, chè solo è laude a morire a onore, e vivere in onta è laidissima cosa.
Chi teme di morire ad onore per franchigia della sua cittade, desidera sempre di vivere in onta e vituperio, che non è pena che ’l membro debbia ricusare per salute di tutto il corpo.
Li nostri canti dolci e soavi sono convertiti in sospiri e pianti, in ciò che ’l sole della giustizia è rivolto in tenebre e la sua chiarissima spera è coperta di scurissime nebbie.
Dice Geremia profeta compiangendosi in modo di padre per morte di figliuolo. Oh18 die pieno d’angoscia, di dolore e di pianto e di amaritudine, di miseria e di dolore, che hai imposto fine all’allegrezza della mia anima, in quanto m’hai per morte tolto il mio figliuolo.
La pura fede e sincero amore ch’io ho messo in voi e terrò sempre, mi danno ardimento e confortano la mia speranza ch’e’ miei prieghi in voi troveranno effetto.
Misero è quel core che sempre teme e crede che in ogni luogo sia morte.
Quando la infermità ficca le sue radici in profondo a quel medico è da ricorrere c’ha potere di restituire la desiderata salute19.
Coloro sono sicuramente da eleggere rettori degli altri li quali risplendono di sapienza e d’onestade acciò che ’l popolo a loro commesso possa pigliare esempio e ammaestramento di virtudi.
In tutte le cose dee l’uomo usare prudenza e discrezione, e tanto quant’ella è più pericolosa tanto è più sollicitamenie da provvedere, acciò che neuno impedimento imbrighi di pervenire a buono effetto.
Pertiensi a ciascun savio uomo di temere li pericoli i quali subiti mali inducono, sì che poscia che sono avvenuti sanza gran danno e fatica non si sostengono.
Acciò che non sarà illito e seminisi in campo sterile si dee provvedere le qualità e la natura del luogo, che il pentire non fa le cose tornare nel primo stato.
Meglio il senno che la forza, per ciò che ’l savio sanza pericolo del corpo impone fine alle brighe; ma l’uomo forte intride talora le mani in sangue innocente.
Chi vuole il vero sentire di ciascuna cosa non dee la faccia di fuori guardare, ma considerare la midolla dentro, acciocché per falso giudicio non s’inganni.
Gravi pericoli inducono li tempi e subiti mali incorrono a colui che li aspetta come non dovessero venire, e perciò si deve con savio consiglio e sottile intelletto disporre le cose che s’intendono di fare.
Proemi di temperansa20.
Colui il quale si lascia vincere ai desideri della carne, perde gli occhi de la ragione; confonde il corpo e uccide l’anima, perciò è da sapere raffrenare e restringere i movimenti carnali.
Naturale cosa è che gli uomini ricevano ingiuria e danno, per le quali cose l’animo si conturba ma conviensi costringere li movimenti dell’ira e ’l furore dell’anima, e massimamente se l’offenditore torna a mercede21.
È simile l’uomo che alla volontà si lascia vincere a colui che cavalca senza freno e a quel che nel tempestoso mare navica senza timone.
Così addiviene di colui che vuol essere troppo giusto troppo casto come del cavaliere che oltra la sua forza per ardimento di cuore impiglia sopra sè22 il quale in mezzo dello stormo perisce per difetto di forza.
Oltra modo abbandonano il senno alquanti che fidandosi nella loro ricchezza e nella loro potenza, dispregiano sapienza, a’ quali ella sarebbe utile e onesta, però che gli onori e gli uffici a loro sono commessi.
La lingua del lusinghiere è dolce come zucchero e le sue parole più dolci che manna poscia partoriscono figliuoli dogliosi23 e nimici del padre.
Sotto insegne di fedeltà24 umilmente il traditore abbraccia e frodolentemente ride; gran cose promette e sotto spezie d’amore bacia; ma quanto25 crudeli e mortali siano26 i loro inganni le pietre il testimoniano27.
Concio sia cosa che tutti gli altri vizi nella vecchiezza28 manchino, solamente l’avarizia ringiovanisce e piglia forza.
La larghezza chiarifica i suoi possessori, ma l’avarizia i suoi conturba e attrista.
Per li beni si dee secondo ogni ragione ben rendere, ma li benefici e le grazie che sono fatte nel tempo dell’avversitade debbono essere sempre scritte nella memoria, e dinanzi all’altre cose essere messe.
Avvegnachè io non abbia servito nè meritato i benefici da voi ricevuti come si converrebbe, perchè la volontà non vi sia suta, non manca. E ciò considerando che appo voi è manifesto, ricorro ne’ miei bisogni a voi, come a padre e a signore.
L’ardentissimo affetto che io ho avuto in voi servire, avvegnachè la forza abbia mancato, mi dà ardire di ricorrere alla vostra signoria, siccome a sicurissimo porto di tutti i miei bisogni29.
Bene che io estimi di non essere degno di pregarvi acciochè nol ho forse meritato, tuttavia non fidandomi in quegli m’affido nelle vostre benignità, voi come signore speciale priego e richieggio.
Quell’animo è forte e costante che per le lodi non insuperbisce, nè per paura non si commuove, ma in ciascuno tempo è fermo e stabile.
Cosi è tenebrosa l’anima dove lume di sapienza non è, come il luogo il quale l’occhio del sole non mai guata.
Non solamente quello ch’è dinanzi agli occhi basta di vedere, ma bisogna di considerare in fino alla fine che dee avere la cosa.
Molti uomini hanno ’n parole ardire di leone, ma ne’ fatti hanno animo leporino.
Cotanto è più da riprendere il vizio nell’animo, quanto colui che pecca è tenuto maggiore e migliore degli altri per nobiltà e per iscienza.
Quell’albero non è da dire sterile il quale per impedimento de’ venti non fruttifica, e simile si può dire degli uomini, cui legittimo non potere scusa.
Ciascuna parte difforma il suo tutto e se stessa rende disutile s’ella sarà da lui divisa siccome capo tagliato dal busto.
Con durissime e acerbe battiture è da percuotere quelli che cerca di partire l’unità de’ suoi cittadini, perciocchè egli ama il distruggimento della sua cittade.
Ora se alcuno mi opponesse che questi che io attribuisco a Guidotto sono bensì fiori, ma non altri detti di savi, potrei rispondere che anche i detti di savi vi sono, e formerebbero la terza operetta che io ascrìvo allo stesso Guidotto. Ed invero nel cod. L30 dopo i Proemi (da pag. 87 sino a pag. 106) si legge: Il Libro del fiore de’ philosophi e di molti savi.
L’autore di questa raccolta traduce molti passi di scrìttori greci e latini da Talete a Boezio, con singolare proprietà, e bellezza di lingua.
La scarsità del tempo mi ha impedito di poter studiare bene addentro questo libretto, e ricercare le fonti, sì da poterne parlare più distesamenta; epperò mi limito a ricordare per adesso che anche quelle poche pagine sono un vero tesoretto di grazia e di eleganza, e che è da rimpiangere che essendo inedite, con siano alla portata di tutti.
Converrebbe ricercare in qual tempo questi due opuscoli furono compilati, e mi pare di non andar errato, stimando essere stati scritti i Proemi dopo la Rettorica, negli ultimi anni di Guidotto; il libro poi del fiore de’ filosofi, deve essere stato composto in vari tempi, e credo che sia troppo malagevole trovare un principio che serva di guida per precisare alcuna data.
Concludo facendo voti dì poter presto pubblicare questa operetta, che essendo inedita «ora è come tesoro sotterra riposto, e più che terra non vale».
Note
- ↑ Il grande onore della virtù.
- ↑ Piuvico.
- ↑ Generi.
- ↑ Inlicite, — illicite.
- ↑ Discenda.
- ↑ E sperto.
- ↑ S’informa.
- ↑ E la verità è esaltata.
- ↑ Difendere.
- ↑ Guastare.
- ↑ Soffocare.
- ↑ Allegazioni, e le lingue e i pensieri de’ malfattori ecc.
- ↑ Il.
- ↑ Capo leggono i codd. migliori, ma abbiamo anche la lezione corpo; che sembrerebbe più conforme alla favola di Menenio Agrippa e al passo di S. Paolo, I Cor. XII 12.
- ↑ Altri.
- ↑ Rimuovere.
- ↑ La sua vertude.
- ↑ O.
- ↑ Cominciando da quasta sentenza è manifesto che ei fanno Proemi di Prudenza, ma non abbiamo ne’ codici segnato il passaggio.
- ↑ In Questi proemi si trovano mescolati alcuni che parrebbe piuttosto doversi classificare con quelli di prudenza o di fortezza d’animo, anche ve ne sono alcuni trasposti od ommessi da alcuni codici. Noi tuttavia seguiamo l’ordine dei codici più autorevoli, sebbene sarebbe da metterli in ordine, come forse il Giamboni ordinò il testo.
- ↑ Mercè.
- ↑ Di sè.
- ↑ Dolorosi.
- ↑ Aggiungi: con dolci e soavi parole.
- ↑ Come.
- ↑ Sono.
- ↑ Testimonino.
- ↑ Nella vecchiezza tutti gli altri vizi.
- ↑ Manca in alcuni codici.
- ↑ Si rinvengono anche nel frammento Riccard.