Poesie varie (Angelo Mazza)/Inni e odi/IV. Musica ministra della religione

Angelo Mazza

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IV. Musica ministra della religione
Inni e odi - III. Musica direttrice del costume Inni e odi - V. La melodia
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IV

MUSICA MINISTRA DELLA RELIGIONE.

     Se degli dèi ne l’are
le ghirlande fiorissero
di che s’orna Armonia, di lei men chiare
al paragon sarebbono
5quai sono arti piú belle in faccia al ver.
     Religione è limpido
fonte di laude e lume alto ineffabile:
cosa che d’esso imprimesi
scema d’ogni altra il pregio.
10Cotal voce mi suona entro al pensier.

     Suona; e con lei trasvolo
le vie che a’ prischi secoli
segnò del tempo l’invisibil volo;
e i giorni che disparvero
15ne l’imagine mia veggo apparir.
     Quanto il sol mira e abbraccia
comodo al vol l’innavigabil aere
scorro, trapasso: agevole
spirto di suono e rapida
20luce me indarno proverian seguir.

     Io non rincontro spiaggia
ove Armonia non abbia
fatto gentil ogni anima selvaggia,
da l’acque esperie a l’indiche,
25dal freddo Arturo a l’abbronzato suol.

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     Cosí sublime spazia
pe’ deserti sentier del liquid’etere,
e di valor prolifico
tutte le cose irradia,
30re de le stelle, alma del mondo, il sol.

     A me tesor di carmi
sento in passar, che chieggono
eroi che giá fûr vivi ’n bronzi e ’n marmi:
ma i bronzi e i marmi cessero
35del tempo a l’ira che su lor passò.
     Nomi degni di vivere
giá fûro, e ancor non era Achille e Ettore;
ma gli avvolse ne’ lividi
stagni letèo silenzio,
40da cui salvarli buon cantor sol può.

     Cento superbi imperi,
or nuda voce e polvere,
e cento eroi da’ tremoli cimieri,
giá di battaglia folgori,
45sorgono al fuoco che balena in me.
     Cosí di tutti i secoli
apparver l’ombre a la sicana vergine,
quando la tolse al roseo
sol, per bear suo talamo,
50Pluto, de’ luoghi inferni arbitro e re.

     Dritto di voi governo
faccia, i’ rispondo, o barbari,
prezzo al vostro furor, silenzio eterno,
se a voi dinanzi tacquero
55la terra desolata e ’l vinto mar.
     D’altro che d’arme a’ posteri,
per me, solenne varcherá memoria:
me suo cantor eleggere
volle una dea, che scevera
60può da le stragi alti trionfi oprar.

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     Dov’è colui che primo
(quello che udir non vagliono
l’anime fitte nel terrestre limo)
armonizzar d’eteree
65ruote ascoltò, siccome iddii lassú?
     Da la caligin tacita,
spirti, sorgete, armoniosi: un aureo
verso i’ saetto a fendere
l’inonorata nebbia,
70che tanta involve musical virtú.

     A voi d’eterno suono
ondeggerá mia cetera;
e i dí che in voi fûr chiari, e piú non sono,
ritorneranno a scorrere,
75vivido esempio de’ non nati ancor.
     Lode del merto è premio;
e l’arbitro cantor di spregio e gloria
i nomi copre, e al pallido
oblio consegna e toglie
80i figli de l’ignavia e de l’onor.

     D’Iside il tempio suona
d’egizi sistri argentei:
a Giove che lassú folgora e tuona
le argive bocche inneggiano:
85«Re de l’Olimpo, altissimo nival».
     Presso l’acque gangetiche
canore laudi ode l’aurora, e in candida
veste il buon Perso a l’igneo
Mitra un inno gorgoglia
90tra ’l fumo e ’l crepitar di gomma austral.

     Dove fan l’Alpi e l’onde
divisione e cerchio,
stuol di druidi curvato alza e diffonde
religioso fremito,
95che a l’immane Teutate incanto fa.

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     Dove, nevando, Borea
rende un aspetto in ogni parte, inospiti
spelonche «Odin» rimbombano;
e al guerrier ballo e a’ cantici
100de’ salii Esperia rispondendo va.

     Questi io vorrei di luce
immortalmente cingere:
ma grandeggiar su tutti ecco il gran duce,
che di letizia fremere
105fa l’idumeo palmifero Giordan.
     Quando ricerca e modula
il decacordo armonial salterio,
pendon rapite in giubilo
l’alme figlie di Solima
110dai modi arcani del cantor sovran.

     Lietamente feroce,
ecco, insultando a Sisara,
levar Debora, in Dio salda, sua voce:
carri e destrier che valsero,
115se per Dio fin le stelle, empio, pugnâr?
     Giú pel Cisonne, ondisono
torrente, i corpi estinti or si travolvono:
da la forata tempia
Iahél seppe alfin l’ebria
120di saporoso latte alma cacciar.

     Ben può labbro mortale
vigor d’accenti sciogliere:
se non impenna lor musica l’ale,
nel vòto aer si perdono,
125né alcuna parte ne riceve il ciel.
     Ond’è che i tuoi lá volano,
vergin melodiosa, eletti numeri,
seco traendo l’anima
di chi t’ascolta, immemore
130del patrio nido e del corporeo vel.