Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi/Per la morte di Girolamo Pompei
Questo testo è completo. |
◄ | In morte del celebre Andrea Pasta | In morte della marchesa Caterina Riva Fossati | ► |
PER LA MORTE
DI
GIROLAMO POMPEI1
ELEGIA
Già tre volte d’orror cinto e di gelo
Nudò il verno le selve, e di novella
3Spoglia altrettante s’ammantò ogni stelo;
Poichè da morte ai buon sempre rubella
Tolto a noi fosti, o caro amico, e il volo
6Spiegasti ratto alla natìa tua stella.
Quanto io piansi per Te! ma un verso, un solo
Verso non ti sacrai; che sul tuo fato
9Confusa e muta mi ritenne il duolo.
Da me il canto fuggì; mesta da un lato
La mia cetera giacque, e più non rese,
12Se pur tentai le corde, il suono usato.
Così poichè di Cuma ai lidi scese
Dedalo per sentiero audace e strano,
15E il remeggio dell’ali a Febo appese,
Tentò due volte il duro caso invano
Del Figlio effigïar; due l’affannata
18Cadde vinta al lavor paterna mano.
E pur cara, diletta, Ombra onorata
Tu il mio tacer condanni; ognor gridarmi
21Ti sento, quasi me chiamando ingrata;
Suonami in cuor tua voce; udirti parmi
Dir: perchè intorno al cener mio non fai
24Piangere, o Lesbia, i tuoi teneri carmi?
Se furon già dolce mia cura, il sai:
Lena io lor porsi, e non avvezzi ancora
27A più sublimi voli io gli addestrai:
E teco, oh rimembranza! io pur talora
Venni cantando, e ne ascoltàr giulive
30Le selve che l’amato Adige irrora.
Oh selve, oh fiume, oh glorïose rive!
S’ora voi siete squallide e dolenti,
33Ben è ragion. Decilio ahi! più non vive.
Voi lo vedeste un dì puri innocenti
Piacer gustando di sua età nel fiore
36Le labbra sciorre a pastorali accenti;
Ed or lungo un bel margo, or fra l’orrore
Degli arbori più cupi in dolce canto
39D’Amarille accusar l’aspro rigore:
E a que’ lamenti suoi misti col pianto
Oh come in voi la non fallace spene
42Di ciò ch’Ei fora un dì, cresceva intanto!
Tal d’ampj faggi assiso all’ombre amene,
Silvestri note meditar godea,
45E modularle al suon di tenui avene,
Il chiaro Vate, che svegliar dovea
Poscia l’epica tromba, e i varj errori
48Del Trojano cantar profugo Enea;
E fra umili capanne, e fra pastori
Nasceva il carme, che rapì all’Argive
51E alle Lazie contrade i primi allori.
Oh selve, oh fiume, oh glorïose rive!
Se lungo duolo ancor vi attrista e fiede,
54Ben è ragion. Decilio ahi! più non vive.
Quand’Egli mosse alla stellata sede
Noi qui lasciando sconsolati, oh quante
57Fer di un lutto comun lagrime fede!
Pianser le Muse il lor perduto amante,
E pianser d’Elicona al pianto loro
60Le conscie rupi, e le vocali piante;
E colle Grazie uniti in flebil coro
I candidi costumi, e le più rare
63Virtù dier segno di crudel martoro.
Ma più la Patria sua dagli occhi amare
Versò fonti di doglia, e al Ciel rivolta
66Chiamò fiero il destin, le stelle avare;
Poi colla chioma rabbuffata e sciolta
Il funesto baciò gelido sasso,
69Ove la cara salma era sepolta.
Nè più sapendo quinci trarre il passo,
D’Andromaca simìl, gran lai s’udìo
72Mandar dal petto addolorato e lasso.
E che valmi, gridava, o Figlio mio,
Se pur vive il tuo nome in bronzi, o scolti
75Marmi, contro cui frema il tardo obblìo?
Che mi giovano i lauri intorno avvolti
A quest’urna feral, se il Ciel prescrive
78Ch’io non ti vegga più, nè più ti ascolti?
Oh selve, oh fiume, oh glorïose rive!
Se al volger d’anni il vostro duol non cessa,
81Ben è ragion: Decilio ahi! più non vive.
Lassa! ond’io sia più dal cordoglio oppressa
S’affaccia al guardo mio di Lui, ch’io persi,
84La trista immago in ogni oggetto impressa:
E con lacero core, ed occhi aspersi
Di calde stille, giusto è ben che in bando
87Starsene io lasci e la mia cetra, e i versi.
Ma fin ch’io spiri aure di vita, e quando
Il dì a noi riede, e quando in mar si asconde,
90Decilio andrò Decilio ognor chiamando:
E da queste, ove or seggo, Orobie sponde
Alle mie note di conforto prive
93Mesti gli arbori, i sassi, i venti, e l’onde
Risponderan: Decilio ahi! più non vive.
Note
- ↑ [p. 232 modifica]Girolamo Pompei patrizio Veronese tra gli arcadi Decilio, era unito alla contessa Grismondi con que’ geniali vincoli dell’amicizia, che sogliono stringersi dalle lettere. Pieno com’egli era di alta e sceltissima letteratura fu a Lesbia guida ed esempio sicuro ne’ piacevoli studj. La sua vita [p. 233 modifica]mortale ebbe termine li 4. febbrajo del 1788. I lamenti di Lesbia per la morte di Lui espressi in questa nobilmente flebile Elegia, sono pur quelli di tutta Italia. Questo componimento fu stampato nel tomo 6. delle opere del Pompei, nell’edizione fatta in Verona nel 1781.