Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi/Lesbia a suoi amici dopo grave malattia

Lesbia a suoi amici dopo grave malattia

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Lesbia a suoi amici dopo grave malattia
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LESBIA A SUOI AMICI

DOPO GRAVE MALATTIA


Udìr gli Dei pietosi, udirò alfine
     Le vostre preci, o Amici, alfin sen venne
     Dolce recando a mali miei conforto
     La bella Sanitade, e seco addusse
     5A queste mura l’allegrezza e il riso
     Ove poc’anzi il muto aere dolente
     Solo udissi suonar de’ sospir miei.
     Fuggiron ratte de l’amata Diva
     All’apparir, e l’inquieta febbre
     10E l’atra schiera di dolor crudeli
     Che sì lunga a me fer spietata guerra;
     Come veggiamo, se le incalza, e preme
     Gagliardo vento, disparir le nubi,
     E sereno qual pria riedere il Cielo.
     15Ed or che alfine la diletta cetra
     Che lungo tempo in abbandon si giacque
     Mi lice ritentar, de le sue corde

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     Il primo suono a voi si debbe, o Amici,
     Si denno a voi questi miei primi accenti;
     20Voi fidi ognor, come ne vive ancora
     Davante a pensier miei dolce l’immago!
     Sì voi d’ogni piacer sordi agl’inviti
     Vidi al mio fianco, e al letto mio d’intorno
     Tentando alleviar il mio tormento,
     25E spesso ancor di lagrime e sospiri
     Accompagnar vi udii le mie querele.
     E sallo il Ciel, che in testimone or chiamo,
     Se il vostro duol leggendo allora io piansi
     Più assai, che del mio mal, del vostro affanno.
     30Oh potessero franchi i versi miei
     Alle età più lontane il chiaro esempio
     Di sì dolce amistà portar su l’ali!
     Che vinta allor da voi sarìa la fama
     Di lui che tante al disperato Oreste
     35Pegni pur diè d’inimitabil fede:
     E fin di lui, che più a Piritoo apparve
     Amico allor, che per seguirlo audace
     Il vietato cammin calcò d’Averne
     Ma dove, ohimè, dov’è fra voi l’amato
     40Mio buon Rillosi, che di lauri cinto
     Del gran Veglio di Coo l’orme seguìa:
     E che giovine ancor correa di gloria
     Con piè veloce a le più altere mete?1

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     Ei che sprezzar godea per me movente
     45E venti, e piogge e faticose vie
     Onde agli affanni miei porger ristoro?
     Morte rapillo, inesorabil morte!
     Che certo troppo di livor fremea
     Veggendo quante si dovean per lui
     50Prede involar all’avida sua falce.
     Ombra diletta il so che nelle estreme
     Ore del viver tuo di me ti calse,
     E che anco allor per tenera pietade
     Da languidi tuoi labbri uscì il mio nome.
     55Deh! se qui forse intorno a me ti aggiri
     Non isdegnar, Ombra onorata, il pianto
     Che scender vedi ad inondarmi il seno;
     E queste accogli mie note dolenti
     Ch’oggi al tuo freddo cenere consacro.

  1. [p. 233 modifica]Allievo distinto di Andrea Pasta nell’arte medica fu Pietro Rillosi, che Lesbia dolente ricorda tra i più cari Amici, venne meno di vita in età ancor fresca, lasciando di se speranze felici.