Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi/Al signor Anton Maria Le Mierre
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AL SIGNOR
DELL’ACCADEMIA FRANCESE
EPISTOLA
Che fa Le Mierre della patria Senna
In sulle ricche popolose rive
Fra dotti ingegni, e de’ bei lauri all’ombra,
Ove di propria man virtù lo scorse?
5Inni animosi dall’arguta lira
Forse destar Ei gode, a far che viva
Del tempo edace ad onta eterno il nome
D’invitti eroi; o di leggiadri fiori
Emulo al Venosino ama festoso
10Ornar di qualche Lalage la fronte?
O fra bende regali, e in mezzo a ferri
Di sangue ancor fumanti Egli s’aggira
Cinto il coturno, e all’affollate genti
Spettacol nuovo dalle Scene appresta,
15Che i cuor più duri a pietà mova, e chiami
Largo sugli occhi mal frenato il pianto,
Più nobil premio, e più verace applauso
Che gli alti gridi, e il batter palma a palma?
Ma perchè mai, Spirto gentil, la troppo
20Lusinghiera tua sede, e i dolci studj
Non lasci almen per poco, e a che non vieni
Questo a veder non men caro alle Muse
Non men degno di Te suolo felice,
Che Apennin parte, e il mar circonda, e l’alpe?
25Perchè non vieni a visitar la Terra
Madre de’ Vati eccelsi, onde pur suona
In ogni parte glorioso il nome,
E del Tebro, e del Mincio, e del Sebeto,
E del fiero Eridan, e di quest’anco
30Picciolo sì, ma pur superbo Fiume,
Che le paterne mie contrade irriga,
Onde il Genio immortale origin’ebbe,
Che cantò di Goffredo il senno, e l’armi?
Parratti udir ovunque il piè tu volga
35Di soave armonìa qui l’aer pieno,
E d’Italia ogni valle, ogni pendice,
Ogni selva, ogni speco, ogni ruscello
Dolcemente ridir Febei concenti.
Ma quai pascendo il cupido tuo sguardo
40Dell’alma Poesìa l’Arti sorelle
Pur d’ogn’intorno ti offriranno incanti?
Quella vedrai, che a mute informi tele
Con magico pennello anima infonde,
Grata de’ carmi, in cui pingesti un giorno
45La divina sua possa, e le sue glorie,
Fartisi lieta incontro, e a parte a parte
Di Rafaele, di Tizian, di tutti
I suoi figli più cari additar l’opre;
Nè meno lieta ancor mille portenti
50Schierar dinanzi a Te quella vedrai,
Che a suo voler con lo scarpello industre
Gli scabri massi d’alpigiana rocca
Divelti a forza, ingentilisce e avviva:
E l’altra pur, che giuste attiche forme
55Colla sesta ricerca, onde le audaci
Moli al cielo sospinge, e gli archi incurva
E marmorei palagi innalza, e templi.
Queste sì, queste più d’ogni altro clima
Aman d’Ausonia il cielo, e qui per lungo
60Volger d’etadi ebbero imperio, e nido.
Vanti la Gallia pur l’opre ammirande
Dei le Brun, dei Pussin, vanti fastosa
Girardon, e Puget, ed altri cento
Novelli suoi Lisippi; a noi rammenti
65Sulla Neva il destrier, che ancor superbo
Del nobil peso, che sul dorso regge,
Sembra i venti sfidar, o lungo il Reno
Del gran Sassone Eroe l’altera immago,
Che fra mille trofei, fra il comun pianto,
70Inutil freno all’implacabil fato,
Stende intrepido il piede inver la tomba.
Ma pensi pur, che a Lei d’Italia un giorno
L’arti belle varcàr, che fausti a Lei
D’un magnanimo Re sotto gli auspicj
75Volaro i Rossi, i Primaticci, i Vinci,
E mille Genj, onde poi bella sorse,
Ed onde ognor più bella il capo estolle.
O Senna, o della Senna amate rive,
Sebben di questo a me natìo terreno,
80Che l’arte a gara, e la natura ornaro,
Gli alti pregi io ravvisi, a voi d’intorno
Spesso d’un grato immaginar sull’ali
Pur mi rivolgo, de’ soavi giorni,
Di cui lunghesso a voi beommi il Cielo,
85Ricordevole ancor spesso io ragiono.
E Tu, Signor, ben hai ragion se prendi
Della Francia gli Eroi, l’inclite imprese,
Il regale splendor, le pompe, e i ludi
Co’ tuoi versi a innalzar, qual già si udìo
90Di Sulmona il Cantor alla più tarda
Posterità mandar di Roma i fasti;
Ma troppo lunga, nè difficil troppo
Non ti sembri però la via, che adduce
A queste avventurose Itale piagge,
95Che sempre fur d’Apollo in cura, e dove
Chiaro pur vive de’ tuoi inerti il grido.
Io qui frattanto andrò mettendo a’ Numi
Fervidi voti, perchè a’ venti in preda
Non voli il pregar mio, che Te da lunge
100Invita e chiede, e tutti al tuo vïaggio
Andrò invocando i più propizj augurj.