Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi/A Caterina II

A Caterina II

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Al signor Anton Maria Le Mierre Plausi all'armata russa

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A

CATERINA II.

IMPERATRICE DI TUTTE LE RUSSIE1


Sebben, Augusta Donna, al mio desire
     Non arrida la sorte, ed a me vieti
     Cercando estranio cielo alle superbe
     Varcar del Neva avventurate sponde,
     5Far non puote però che almen su l’ali
     Del veloce pensiero a quelle intorno
     D’alto stupor ripiena io non m’aggiri.
     Più belle ognor sotto gli auspicj tuoi
     Io le scorgo fiorir, veggio lungh’esse
     10Ferver l’arti a grand’opre, ergersi mille
     Stupende moli, gareggiar gli studj
     Più cari a Palla, e un’altra Roma io veggio
     Risorta in Peterburgo, un’altra Atene.
     Sovente pur fra sì ammirandi obbietti
     15Mi si affaccia al pensier l’altera Immago
     Del tuo grand’Avo, che a destriero ardente

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     Il dorso preme, e che dal volto spira
     E prudenza e valor; di mano industre
     Raro portento, su cui tien Natura
     20Attonito lo sguardo, e fremer sembra
     Che l’arte emula sua tant’alto arrivi.
     È questi, io grido allora, è questi il grande
     Già sì caro agli Dei Monarca invitto
     Maggior di quanti mai del Russo Impero
     25lmpugnaron lo scettro, e vinto solo
     Dalla Donna immortal, che saggia e forte
     I suoi popoli or bea, nuovi accrescendo
     Luminosi trïonfi al Solio avìto.
     Sì, eccelsa Donna, mentre in mille guise
     30Ad eternarne il nome i miglior desti
     Fecondi ingegni, Tu co’ pregi tuoi
     De la sua gloria ogni con fin trasvoli.
     Ma deh! perdona se da lungi anch’io
     Co’ fervidi miei voti a Te rivolta
     35L’alte tue imprese a contemplar ne vegno,
     Ed il tuo nome in troppo umili accenti
     Fo risonar per l’Itale foreste.
     Come potrei tacer, se tutto è pieno
     Già l’Universo de’ fulgenti rai
     40Di tue virtudi, e Te devoto ammira?
     Sparge così dal Cielo immensa luce
     Per ogni parte il Sole, e dalle estreme

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     Foci del Gange, ed oltre alle remote
     Erculee mete, le campagne, i colli,
     45I deserti, le rupi allegra, e inaura,
     Onde grata ogni gente ancor più rude
     D’inni tributo al sovran Astro invìa.
     Ben Tu, che quasi Deïtà novella
     Qua giù splendi, Tu il sai, che in ogni lido
     50Sincere voci le tue geste, e i tanti
     Favori tuoi van celebrando a gara.
     Sai che a l’Italia in sen, che lungo all’Istro,
     Lunghesso il Reno, e del Tamigi in riva
     E della Senna i più sublimi spirti
     55Sacri ad Apollo, Te chiaman lor Nume.
     Ma come al piè del Regnator dell’Etra
     Che de’ mortali a suo voler le sorti
     Tempra, e con larga man versa i suoi doni,
     Mugghia pur anche il tuono, e di vendetta
     60Ministro avvampa il fulmine trisulco;
     Così del Trono al piede, onde discende
     Il tuo regio favor, veglia pur sempre
     La Forza invitta, e sta il Terror sull’ali
     Sovra de’ tuoi nemici a piombar pronto,
     65Qualor dell’armi il formidabil Genio
     A scuoter l’asta, e a trïonfar t’invita.
     Sorge repente allora, e i campi ingombra
     Selva di armate squadre, e Marte fiero

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     Le accende a l’ira, e lor gode esser duce.
     70Sciolgono allora a’ cenni tubi dal porto
     Cento spalmate navi, e le furenti
     Procelle disprezzando e i neri flutti,
     Imperan minacciose all’Oceano;
     E ovunque drizzan le velate antenne
     75Le segue amica la Vittoria a volo.
     Ma non convien di pastorella al canto
     Tuoi fasti rammentar, o Tu esser voglia
     Nume di pace, o Pallade guerriera.
     Felici que’ che ponno in sulla incude
     80Febea temprar bei carmi armonïosi
     Che di Te sieno degni, e a Te gli studj
     Tutti sacrar, tutti sacrare i giorni!
     Io qui sul margo del mio patrio fiume,
     Se Tu noi prendi, o Augusta Donna, a sdegno,
     85Di bianchi marmi innalzerotti un’Ara,
     Cui faccian grata insieme ombra e corona
     Idalj mirti, e verdeggianti allori;
     Che alla corteccia intorno il tuo gran Nome
     Portando inciso cresceranno alteri.
     90A questa innanzi de’ più eletti fiori
     Serti offrirò; poi le ineguali canne
     Svegliando, invece di cantar tue laudi,
     Cui mal si accorderìa silvestre avena,
     Andrò agli Dei mettendo ardenti prieghi,

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     95Perchè su’ giorni tuoi, dolce lor cura
     Veglin providi sempre, e di quel Sesso,
     Che, tua mercè, più non fia detto imbelle,
     In Te serbin l’onor, l’onor del mondo.


Note

  1. [p. 231 modifica]Questi versi sono stati pubblicati colle stampe elegantissime del Bodoni, e riprodotti da quelle di Pietroburgo.