Poesie (Fantoni)/Odi/Libro II/XXXVIII. Alla Fortuna

XXXVIII. Alla Fortuna

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XXXVIII

Alla Fortuna

(1791)

     Figlia del fato, Fortuna instabile,
che irata un soglio cangi in tugurio
e, tumida d’orgoglio,
cangi un tugurio in soglio;

     5te in mezzo al solco chiama sollecito
l’arso cultore. Per l’indo oceano
te il Pensilvano implora
sulla libera prora.

     Te il Franco, il Russo, lo Svevo e l’Italo
10teme, e di Libia le madri barbare,
e sui purpurei scanni
gli asiatici tiranni.

     Te adora il volgo; te segue l’invida
dei falsi amici turba pieghevole,
15e Pl’arti insidiose
delle spergiure spose:

     non io che, stanco de’ tuoi volubili
capricci, sprezzo ricchezze, premio
della viltá, che chiede
20vergognosa mercede.

     Lode non vendo, non macchio l’anima
d’util menzogna, né la mia cetera
il grato suon riscuote
di adulatrici note.

     25Canto Fernando; ma in trono assisesi
fra i voti e il lieto pianto d’Etruria,
e il varco ai dí felici
schiuse con rari auspici.

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     L’arte e le muse neglette risero,
30baciârsi in fronte Pace e Giustizia,
e scintillâr piú belle
l’austro-medicee stelle.

     Signor, se ha prezzo la fama, donalo
a’ miei sudori: rendi alla patria
35l’antica gloria... ed io
piú da te non desio.

     Tanto mi basta quanto per vivere
saggio fa d’uopo robusto e libero,
odiando le ritorte
40della lubrica corte.

     E se, sdegnata la dea che supplice
non le arda incenso, non l’offra vittime,
mi rapirá fremendo
quel che comprai nascendo;

     45avrò il tranquillo coraggio, impavido
nella mia sobria virtú d’avvolgermi,
ricercando un’onesta
povertade modesta.

     Ma giá crucciosa s’adira? Vindice
50tempesta intorno stride ed abbuiasi,
e a’ miei campi vicina
porta strage e ruina.

     Fortuna ingiusta, godi e satòllati
della vendetta; raddoppia i fulmini,
55scuoti mugghiando il lido,
del tuo furor mi rido:

     Se puoi, superba, la pace involami
del cuor, l’amico lunense, il vergine
serto, che il crin mi morde,
60e le liriche corde.