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142 | odi |
L’arte e le muse neglette risero,
30baciârsi in fronte Pace e Giustizia,
e scintillâr piú belle
l’austro-medicee stelle.
Signor, se ha prezzo la fama, donalo
a’ miei sudori: rendi alla patria
35l’antica gloria... ed io
piú da te non desio.
Tanto mi basta quanto per vivere
saggio fa d’uopo robusto e libero,
odiando le ritorte
40della lubrica corte.
E se, sdegnata la dea che supplice
non le arda incenso, non l’offra vittime,
mi rapirá fremendo
quel che comprai nascendo;
45avrò il tranquillo coraggio, impavido
nella mia sobria virtú d’avvolgermi,
ricercando un’onesta
povertade modesta.
Ma giá crucciosa s’adira? Vindice
50tempesta intorno stride ed abbuiasi,
e a’ miei campi vicina
porta strage e ruina.
Fortuna ingiusta, godi e satòllati
della vendetta; raddoppia i fulmini,
55scuoti mugghiando il lido,
del tuo furor mi rido:
Se puoi, superba, la pace involami
del cuor, l’amico lunense, il vergine
serto, che il crin mi morde,
60e le liriche corde.