Poesie (Fantoni)/Odi/Libro I/XLVIII. A Ranieri Calsabigi
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XLVIII
A Ranieri Calsabigi
(1792)
Di tua vecchiezza altera,
Morte scendea dalla magion degli anni
la precedeano in schiera
pallidi morbi e macilenti affanni.
5Giá l’infallibil telo
sul di bronzo adattava arco perenne,
quando pietoso il cielo
le veloci del fato ali trattenne.
L’arida man si morse
10la dea delusa, il micidial drappello
chiamò dei morbi e corse
a celarsi stridendo entro un avello.
Rise natura, aspersi
di vigor ricondusse i dì felici:
15ed or, Ranier, tu versi
vin fumoso di Capri ai lieti amici.
Ma, oimè! variar non ponno
le scritte dal destin leggi tremende:
tutti un perpetuo sonno,
20tutti la terra genitrice attende.
D’Ecate ingorda il nero
regno vedrai dal nostro ciel diviso,
il giudice severo
e le serbate ai pii sedi d’Eliso.
25Vedrai Saffo virile,
che l’ingrate donzelle ancor rammenta,
e di Faon gentile
su l’eoliche corde si lamenta;
e Alceo grave sonante
30sul plettro d’oro della fuga i danni,
l’ire del mar spumante,
le vinte pugne e i scacciati tiranni.
Saffo circonda immensa
turba d’ogni nazione e d’ogni sesso,
35e fra la turba densa
di Valchiusa il cantor le siede appresso.
D’Alceo stan ritti al fianco
Teli, Cromwel, Franklin; le vittrici schiere
stan seco, il popol franco,
40e le còrse e le belghe alme guerriere.
D’alto stupore ingombre,
dei sacri carmi al lusinghiero incanto,
tacciono e bevon l’ombre
avidamente per l’orecchie il canto.
45Fin del signor d’Averno
l’alma si scuote, alle preghiere sorda,
ed il custode eterno
l’orecchie abbassa e di latrar si scorda.
Per la region dei morti
50piú non suonan catene e strida e pianti,
e si ricrean gli attorti
dell’Eumenidi al crine angui fischianti.