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XLVI. In morte di Giuseppina Grappf di...

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XLVI

In morte di Giuseppina Grappe di Vienna

camerista al servizio di S. M. Carolina Amalia
regina di Napoli

(1792)

     Giovin dell’Istro dalle belle forme,
dai languidi occhi, dal parlar giocondo,
ove fuggisti? Aimè, che cadde e dorme
sonno profondo!

     5Beltá che giova, che virtú, se questa
terra la morte d’ogni ben disgombra
appena apparso? se di noi non resta
che polve ed ombra?

     Sparve l’amica del mio cuor: perduta
10l’ho senza speme, e in quell’avel soggiorna:
invan la piango, invan la chiamo; è muta:
sparve, e non torna.

     Infida corte, ecco i tuoi premi. Il merto
esser non speri dei tuoi doni onusto:
15tien sempre invidia un precipizio aperto
accanto al giusto.

     Ma quale ascolto, dolcemente mesto,
suon di querele mormorarmi intorno?
Qual nuova appare amica luce in questo
20tetro soggiorno?

     Fuor, trapelando da una nube bruna,
rompe la mesta oscuritá notturna,
e un vivo raggio l’imminente luna
vibra su l’urna.

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     25Oh! quanti, intorno a questo lento passo
erran senz’arco desolati Amori,
e a piene mani sul devoto sasso
spargono i fiori!

     Lá, in vetta al colle, la Modestia siede,
30languida in volto per immenso affanno;
qua la Pietade e la velata Fede
di bianco panno.

     Sciolte le chiome, su la tomba pende
mesta dei nomi l’immortal custode:
35accanto ha l’arpa; ma perché non rende
suono di lode?

     Dammi quell’arpa. Io della morte il gelo
da queste corde scuoterò col canto;
farò che salga a lusingarla in cielo
40inno di pianto.

     Donna, in cui tutte di virtú compagne
natura accolse di beltá le doti,
volgi uno sguardo al tuo fedel che piagne,
odi i miei voti.

     45Anelo teco esser congiunto, teco
soavemente ragionar d’amore,
e fuor di questo aer maligno e cieco
stringerti al core.

     Te omai partita, io qua dimoro invano;
50altro non veggio in queste spiagge odiate
che volpi e lupi di sembiante umano,
che anime ingrate.