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Odi varie - La Meditazione

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Odi varie - Rimembranza e presagio Odi varie - In morte di giovine sposa

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LA MEDITAZIONE.

In pace amaritudo mea amarissima.

Isaja, XXXVIII, 17.


Quando le voci e l’opere
     Son de’ viventi mute,
     Del chiostro solitario
     Sotto le volte acute
     Nell’ombra e nel silenzio
     6Scorgemi un pio dolor.

E mentre i giorni medito
     Di que’ che più non sono,
     Sotto a’ miei piè le vacue
     Tombe dan cupo suono,
     Onde mi scorre un brivido
     12Religïoso al cor.

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Non amorosa insania
     O disperata voglia
     Solo e pensoso adducemi
     Alla romita soglia;
     Adducemi ineffabile
     18Di piauto voluttà,

Che tra le mense e il giubilo
     De’ clamorosi balli,
     Qual nebbia che in sul vespero
     Dalle acquidose valli
     Lenta si mira sorgere,
     24All’animo mi va:

Tal che all’inane gaudio
     Chiusa la mente assorta,
     Gli affaticati spiriti
     Di meste idee conforta,
     Cerca i recessi ombriferi
     30Ei taciti sentier.

Gente dannata al vivere
     Molle, ozïoso, e lento,
     Ad uman freno indocile,
     E suddita al talento,
     Cui l’abbondanza è tedio,
     36Ed abito il piacer,

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Spesso voi pur dall’empia
     Antica usanza isvia
     Un casto desiderio,
     Una tristezza pia,
     Che dolcemente vellica
     42L’intorpidito cor;
     
Ma pari a suon di cetera.
     Udito di lontano,
     Che vien raro e dileguasi
     Mollissimo pel vano,
     Sperdono pompa e strepito
     48Quel provido dolor.

Ma io, ch’ebbi dal nascere
     Compagna la sventura,
     Che nell’angor, nel dubbio
     Vita diversa e dura
     Traggo, anelando al termine
     54De’ travagliosi dì,

Da questo basso esilio
     Di lagrime e d’errore
     Ascendo volontario
     A secolo migliore
     Su l’ale del patetico
     60Pensier che mi rapì.

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E qual chi un arduo vertice
     Per torte vie guadagna,
     Vede improvvisa espandersi
     Di sotto la campagna,
     E lunge in mezzo agli alberi,
     66Le case biancheggiar;

Assorto in placid’estasi
     Veggo i consigli insani,
     E il discordar assiduo
     De’ travïati umani,
     E lieta, ancor che povera,
     72Lunge Virtù brillar.

Ma ratto il mortal carico
     Di nuovo in giù trascina
     Dall’utile delirio
     L’anima pellegrina
     Tra il buio e la miseria
     78Del carcere terren.

Non però sì, che un lucido
     Vestigio in lei non duri
     A diradar le tenebre
     Degli appetiti impuri,
     Al tenue raggio simile
     84Nunzio del dì che vien.