Poesie (Campanella, 1915)/Scelta di alcune poesie di Settimontano Squilla/83. Della possanza dell'uomo

83. Della possanza dell'uomo

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83. Della possanza dell'uomo
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Della possanza de l’uomo

Gloria a Colui che ’l tutto sape e puote!
O arte mia, nipote — al Primo Senno,
fa’ qualche cenno — di su’ immagin bella,
ch’«uomo» s’appella.
5«Uomo» s’appella chi di fango nacque,
senza ingegno soggiacque, — inerme, ignudo:
patrigno crudo — a lui parve il Primo Ente,
d’altri parente 1.
D’altri parente, a’ cui nati die’ forza
15bastante, industria, scorza, — pelo e squame.
Vincon la fame, — han corso, artiglio e corno
contra ogni scorno.
Ma ad ogni scorno l’uomo cede e plora;
del suo saper vien l’ora — troppo tarda;
15ma sì gagliarda, — che dal basso mondo
par dio secondo 2.
E, dio secondo, miracol del primo,
egli comanda all’imo, — e’n ciel sormonta
senz’ali, e conta — i suoi moti e misure
20e le nature 3.

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Sa le nature delle stelle e ’l nome,
perché altra ha le chiome, — ed altra è calva,
chi strugge o salva 4 — e pur quando l’eclisse
a lor venisse,
25quando venisse all’aria, all’acqua, all’humo.
Il vento e ’l mar ha domo, — e ’l terren globbo
con legno gobbo — accerchia, vince e vede,
merca e fa prede.
Merca e fa prede; a lui poca è una terra.
30Tuona, qual Giove, in guerra — un nato inerme;
porta sue inferme — membra e sottogiace
cavallo audace.
Cavallo audace e possente elefante;
piega il leon innante — a lui il ginocchio;
35giá tirò il cocchio — del roman guerriero:
ardir ben fiero!
Ogni ardir fiero ed ogni astuzia abbatte 5,
con lor s’orna e combatte, — s’arma e corre.
Giardino, torre — e gran cittá compone
40e leggi pone.
Ei leggi pone, come un dio. Egli astuto
ha dato al cuoio muto — ed alle carte
di parlar arte; — e che i tempi distingua
dá al rame lingua 6.
45Dá al rame lingua, perc’ha divina alma.
La scimia e l’orso han palma, — e non sì industre,
che ’l fuoco illustre — maneggiasse; ei solo
si alzò a tal volo 7.
Si alzò a tal volo, e dal pianeta il tolse;
50con questo i monti sciolse, — ammazza il ferro,
accende un cerro, — e se ne scalda e cuoce
vivanda atroce;
vivanda atroce d’animal che guasta 8:
latte ed acqua non basta, — ogn’erba e seme
55per lui; ma preme — l’uve e ne fa vino,
liquor divino.

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Liquor divino, che gli animi allegra.
Con sale ed oglio integra — il cibo, e sana.
Fa alla sua tana — giorno quando è notte:
60oh leggi rotte!
Oh leggi rotte! ch’un sol verme sia
re, epilogo, armonia, — fin d’ogni cosa.
O virtú ascosa, — di tua gloria propia
pur gli fai copia 9,
65Pur gli fai copia, se altri avviva il morto;
passa altri, e non è assorto, — l’Eritreo;
Canta Eliseo — il futuro; Elia se ’n vola
alla tua scuola;
alla tua scuola Paolo ascende, e truova
70con manifesta pruova — Cristo a destra
della maestra — Potestade immensa.
Pensa, uomo, pensa!
Pensa, uomo, pensa; giubila ed esalta
la Prima Cagion alta; — quella osserva,
75perch’a te serva — ogn’altra sua fattura,
seco ti unisca gentil fede pura,
e ’l tuo canto del lor vada in piú altura10.

1. L’uomo, fatto ad immagine di Dio, nasce senza senno e senza forza e senza vesti e senza arme, le quali son concedute alle bestie dalla natura. Dunque par figliastro di Dio; e gli altri, figli.

2. Ma poi, quando mette senno, diventa dio del mondo.

3. E mostra la sua divinitá in comandar a tutte cose terrene e marine, e di piú ascendere in cielo con la matematica, e saper le nature e moti e misure delle cose celesti.

4. La divinatoria è segno della divinitá umana.

5. L’uomo vince l’astuzia e la forza degli animali solo col senno.

6. Il far parlare le carte, scrivendo, e gli orologi fu pur segno d’ingegno divino.

7. Dice che l’uomo non facci ciò per la mano ch’e’ ha, ma per lo senno; poiché le scimie ed orsi hanno mano, e pure non trattano il fuoco. E questa arte è propria dello senno solo, per segno che l’uomo non ha l’anima dal fuoco, ma piú divina.

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8. Mangiar carne è pasto fiero, disse Pitagora.

9. Fare miracoli è proprio di Dio; e pure ciò ha concesso all’uomo; e così l’andare in cielo.

10. Finalmente dice all’uomo che conosca la propria nobiltá, e che s’unisca a Dio, se vuole essere signore di tutte le cose create, sendo amico d’esso vero Signore. E però dobbiamo lodarlo piú che le altre creature, perché siamo di loro piú nobili, ecc.