Piccolo mondo moderno/Capitolo settimo. In lumine vitae/V
Questo testo è stato riletto e controllato. |
In lumine vitae
V
◄ | Capitolo settimo. In lumine vitae - IV | Capitolo settimo. In lumine vitae - VI | ► |
V.
Don Giuseppe celebrò la messa verso le cinque e mezzo. Il parroco del luogo raccontò poi, tutto edificato, che non aveva veduto alcuno celebrare con tanto fervore nella voce, con tanta pietà nel volto, con tanto profondi sospiri e aneliti, come quel vecchio prete forestiero. Pareva, diss’egli, che avesse la visione di Cristo! Dopo la messa, come lo ebbe aiutato a spogliarsi, lo lasciò.
Immerso nelle preghiere di ringraziamento, don Giuseppe non s’accorse che alcuno entrasse in sacrestia. Alzandosi dall’inginocchiatoio restò sbalordito e sgomento; Piero gli stava davanti, tanto acceso nel volto di ansia e di supplica, tanto visibilmente tremante le mani congiunte, ch’egli subito pensò: “è morta!’ e i suoi occhi atterriti lo dissero. “No, no, no, devo parlare!„ fu l’affannosa risposta. Don Giuseppe mandò fuori dalla sagrestia il chierichetto, che aspettava. Intanto Piero si buttò sull’inginocchiatoio e copertisi con una mano gli occhi, batteva e ribatteva con l’altra la logora poltrona disposta lì accanto per le confessioni.
Don Giuseppe, non sapendo cosa fosse per succedere, fra proclive e renitente, dopo un momento di esitazione, obbedì.
“Non posso parlar che qui, non posso parlar che qui„, singhiozzò Piero, raccoltesi ambo le mani sul viso. “Ero già scosso... quando Lei stanotte, mi parlava della grazia... ma dopo... ma dopo...„.
Non poteva proseguire. Don Giuseppe gli passò e ripassò una mano sui capelli, dolcemente.
“Aspetti, aspetti, si sfoghi, si calmi„.
Ma Piero neppur poteva tacere e la sua voce, poco a poco, si rinfrancò.
“Dopo... appena Lei era uscito per venir qua... mi son sentito prendere a un tratto da un’inquietudine, da un’aspettazione ansiosa senza saper di che, da uno struggimento interno, da un desiderio di piangere senza poter piangere. A un tratto mi vidi dentro la fronte, o dentro il petto, non lo so, per un momento, per un solo momento, queste parole: “perchè mi resisti?„ Me ne sgomentai, ma poi mi son detto subito: sarà un caso, una reminiscenza involontaria, niente altro. Mia suocera, rientrando dalla prima messa, aveva posato sul tavolino del salotto il suo libro di preghiere. Lo apro. Era una Imitazione. Gli occhi mi cadono sul principio del libro quarto dove sono le parole di Cristo: Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis et ego reficiam vos„.
A don Giuseppe sfuggì una esclamazione sommessa. Piero lo interrogò, avido. Niente, niente; don Giuseppe non aveva niente a dire. Il giovine continuò:
“Mi prese un tremito, un gran tremito, come se avessi udito il Signore chiamarmi. Venni diritto in chiesa. Per la strada mi pareva di camminare dentro un’aria piena di Dio. Mettere il piede sulla soglia della chiesa, veder Lei all’altare e sentire un risveglio di tutta la mia fede di fanciullo, un dolore acuto del mio allontanamento da Dio, delle mie ripulse ai suoi richiami, una tenerissima gratitudine della sua paziente bontà, è stato un punto solo.
La messa era al Sanctus. Mi sono inginocchiato. Alla consacrazione mi copersi il viso con le mani e mi vidi, veramente mi vidi scritte nel palmo delle mani cinque parole, proprio le parole che da giovinetto, nei miei fervori mistici, quando mi figuravo di morire, avrei desiderato leggere sulla parete in faccia al mio letto: Magister adest et vocat te. Le vedevo grandi, bianche sopra un fondo nero. Poi, verso la fine della messa, stando sempre inginocchiato e con gli occhi coperti, mi successe questa cosa terribile: ebbi la visione istantanea, fulminea della mia vita nel futuro e della mia morte. Se chiudo gli occhi la vedo ancora! O mi dica, mi dica, don Giuseppe, ho sete di darmi tutto a Dio ma debbo proprio credere che la visione mi viene da Lui, che significa la sua volontà? Perchè se credo è un comando preciso. Si tratta per ora di una rinuncia completa, e più tardi, quando Iddio vorrà, di una responsabilità gravissima da impormi, di un’azione personale straordinaria da esercitare pubblicamente nella Chiesa. Sì, non è vero? Debbo crederlo!„
“Deve prima di tutto rimettersi l’anima in pace„, rispose don Giuseppe. “Deve ringraziare il Signore che La richiama e pregarlo, pregarlo con la maggiore insistenza che La illumini, che Le faccia conoscere la sua volontà con tutta quella certezza di cui è capace la natura nostra, finita com’è nelle sue comunicazioni con la sapienza infinita. Perchè tante volte certa presunzione umana trova modo di mescolarsi a movimenti pii dell’anima nostra e ci induce a scambiare per fatti di origine soprannaturale fatti che derivano invece da condizioni anomale del nostro spirito e del nostro corpo, operati da Dio sempre, perchè Dio opera tutto in tutto, s’intende, con i suoi metodi, per i suoi fini imperscrutabili, ma fatti non diretti a farci conoscere la sua volontà. Vede...„.
Qui don Giuseppe parve esitare per un certo imbarazzo e la sua voce diventò più tenera:
“... non domandiamo noi al Signore che ci conservi la Sua Elisa? Pensi, questa grazia, quanto deve influire sulla Sua vita, se ci è fatta o non ci è fatta!„
“Oh sì, sì, Dio mio, è vero, ma la visione l’ho avuta!„
“Ma sì, ma sì!„ fece don Giuseppe. “E il Signore potrà confermarla. Intanto vi hanno cose che egli sicuramente vuole: rimetterle tutto il Suo debito, piccolo o grande che sia...„.
“Grande, grande, grande!„ interruppe il giovine, desolato.
“... essere conosciuto e amato da Lei come una volta, meglio di una volta. Forse ha qualche altro gran dono in serbo per Lei. Preghiamo e speriamo! E adesso andiamo a consolare quella poveretta, non è vero? Andiamo a dirle che le sue preghiere sono state esaudite!„
Piero si recò alle labbra una mano, riluttante, del vecchio: “Vada Lei, vada Lei„ rispose. “Glielo dica Lei, adesso!„
Il chierichetto entrò per avvertire don Giuseppe, a nome del parroco, ch’era vicina l’ora fissata per l’amministrazione dell’Olio Santo all’inferma. Piero uscì dalla sagrestia sentendo che don Giuseppe inclinava a prender le sue visioni per effetti di una sovreccitazione nervosa, per apparenze vane. Malgrado sè stesso, ne soffriva. Mentre don Giuseppe gli aveva esposte quelle considerazioni prudenti, aveva dubitato anche lui. Poi l’anima sua si venne lentamente componendo in una pace piena di certezza, come acque agitate posando poco a poco fermano in sè le immagini delle cose imminenti.