Gli esami

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La famiglia Morandi Mario e Vittorio
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GLI ESAMI.

Era una giornata calda nel cuor dell’estate. Elisa e Giannina che frequentavano le scuole elementari, e Carlo che andava al ginnasio, dovevano far l’esame appunto in quel giorno, e Maria, ansiosa di saperne l’esito, andava ogni tanto alla finestra per vederli spuntare di lontano.

Vennero prima le bambine contente, avevano risposto bene ed erano certo passate. Carlo invece entrò di cattivo umore, e tutto furioso gettò il cappello da una parte e i libri dall’altra. Maria si sentì dare un colpo al cuore, e capì subito che cosa significasse quella furia.

— Gli esami non sono andati bene? — chiese con un sospiro.

— Il professore è un asino, — disse Carlo irritato.

— Sarai tu un asino, che non avrai saputo rispondere; almeno lo confessassi, e non fossi [p. 9 modifica]tanto presuntuoso. Dunque non sei passato? Me l’aspettavo.

— Mi domandò certe cose difficili; poi i compagni mi facevano ridere, mi sono confuso, ecco.

— Mi dispiace, — disse Maria con amarezza, — così tutti per colpa tua dovranno rinunciare alla campagna.

— Non dir questo, Maria, posso studiare anche là, anzi studierò meglio in mezzo alla quiete campestre.

— Gli è che forse non avrai più bisogno di studiare. Sai che cosa ha detto il babbo? Se non passi ti metterà ad un mestiere, almeno ti guadagnerai il pane.

— Siete matti, — disse Carlo, — io far l’operaio? Mai più. Lo sai, io voglio diventare un personaggio celebre, un eroe.

Le sorelline si misero a ridere.

Maria gli disse che principiava molto bene; del resto sarebbe meglio diventare un buon operaio, che un cattivo dottore.

— Non lo dire al babbo che l’esame è andato male. — disse Carlo, — studierò e ti prometto di non ripetere l’anno; non lo dire al babbo, ti prego.

— Non lo dirò, ma lo verrà a sapere, lo domanderà ai professori.

— Spero che non avrà tempo.

— Però in villa ci andiamo, non è vero, Maria? [p. 10 modifica]— chiese colla sua grazietta Giannina, la bimba più piccola.

— In villa? — disse Maria. — Non è una villa la nostra, ma una povera casetta di campagna.

— Se Elisa raccontò ad Angiolina Merli che avevamo una bella villa, con un bel giardino!...

— Sempre le tue solite fanfaronate, — disse Maria rivolgendosi con accento severo ad Elisa. — Possibile che non ti corregga mai di questo vizio?

— Tutte raccontano che vanno in villa e parlano di viali ombrosi, di giardini fioriti, e l’ho raccontato anch’io, per non essere da meno dello altre.

— Lo sai che non voglio che tu dica quello che non è vero.

— L’Angiolina non può mica vedere.

— È forse la figlia della cucitrice? È una buona ragazza.

— Sì, — disse Giannina, — è la più attenta di tutta la scuola, e quando Elisa raccontava della villa avea le lagrime agli occhi pensando che i suoi genitori erano tanto poveri e non potevano andare nemmeno a respirare un po’ d’aria buona; essa diceva: “Invece di una villa mi contenterei di andare in una capanna, pur di essere all’aria aperta e vedere un po’ di verde.„

— Ebbene, la inviteremo a venire con noi, — disse Maria, — è una brava ragazza, conosco [p. 11 modifica]sua madre e si fa un’opera buona, così anche vedrà la differenza che passa fra la villa fantastica che le ha descritta Elisa e la casa modesta dove andiamo ad abitare.

Elisa s’era fatta tutta rossa e diceva:

— Maria, ti prego, non farlo, lo racconterà alle compagne e rideranno di me.

— Sarà il tuo castigo, così imparerai a non esagerare le cose e a non farti credere più di quello che sei.

— Piuttosto invita l’Evelina, — disse Elisa.

— Ti pare? Essa è abituata a viver più riccamente di noi, ci dovremmo mettere in impegno e far delle spese, e poi non si troverebbe bene; invece per Angiolina non cambiamo nulla delle nostre abitudini e si troverà bene come una regina. Evelina sarebbe un disturbo inutile perchè non ho nessuna intenzione di fare degli inviti; riguardo ad Angiolina si fa una buona azione. Così uno di questi giorni andremo dalla signora Merli per invitarla.

— Chissà se sua madre la lascerà venire! — disse Elisa. — Sarei proprio contenta che non le desse il permesso.

In questa speranza si calmò, ma era sempre preoccupata dal dubbio che Angiolina accettasse, e quel pensiero le turbò la gioia d’aver terminati gli esami.