Piccole storie del mondo grande/Dedicatoria
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Leuma e Lia | ► |
DEDICATORIA
alla mia cara mamma
Filomena Santini vedova Panzini.
Queste novelle, mia cara mamma, siano dedicate a te, anche perchè un poco di merito ce l’hai tu.
Non che tu le abbia emendate o mi abbia incoraggiato a scrivere: anzi!
Ti ricordi? Le mattine d’estate, quando suonava la campanella, tu piano piano uscivi dalla tua stanza — i cari bambini dormivano ancora o sognavano la spiaggia del nostro bel mare — con lo scialle nero in testa e il libro della messa: alzavi il saliscendi della porta della mia stanza e mi trovavi già curvo su le carte e sui libri. Tu dicevi: “Guarda che bel sole (e il sole, sorto da poco, filtrava dalle persiane verdi), monta in bicicletta, va a fare una bella passeggiata, invece di star lì a ammuffire tutto il santo giorno„, e te ne andavi scuotendo il capo con mestizia e commiserazione.
Nè devi ancora esserti dimenticata che qualche mio scritto fece inavvertitamente, per opera tua, conoscenza con le fiamme del focolare. Allora te ne rimproverai, ma oggi...! oggi, chissà? Forse, meglio: alle fiamme purificatrici i fantasmi della passione e del pensiero: nel mondo e fra gli uomini le sane e forti opere. Certo tu non pensavi, ma intuivi così, cara mamma!
Anche per quello che riguarda l’arte non ebbi da te troppi ammaestramenti. Tu, in fatto di romanzi e di letture, sei rimasta, caso mai, fedele alla vecchia scuola: cioè i gran romanzi, in uso molti anni fa, pieni di avventure che ti conciliano piacevolmente il sonno dopo il desinare del mezzodì. Quanto al pane dell’anima, sei contenta delle semplici parole di Cristo che sono ne’ tuoi breviari, da te postillati con parole buone di speranza, di perdono e d’amore. La nuova arte che scruta sottilmente le passioni e le tempeste dei mortali, è passata vicina alla tua ignoranza: e tu non ti sei accorta di queste superbe conquiste dell’ingegno.
Dunque non grande conforto, come vedi, io ebbi da te a questi miei studi e a queste tormentose e pure affascinanti fatiche dell’imaginare e dello scrivere.
Però se tu, cara, avrai la pazienza di scorrere queste belle pagine — belle per la onorata veste dell’arte tipografica — vi troverai qualche cosa di te, e capirai perchè a te le volli dedicate.
Queste novelle — ancor che umile frutto di quella passione e di quella nobile malattia del pensiero che spesso distrugge la vita scorza a scorza — non sono opposte a quei principî umani a cui è stata conformata la tua vita. Vi troverai l’amore e la venerazione per le cose e per le opere semplici e generose: vi troverai anteposta la coscienza e la verità alla fortuna e il disdegno di ogni proficua viltà; e questo è avvenuto non per alcun merito mio o per deliberato proposito di far opera morale (tanto più che la morale, proseguita da sola, ha in arte un ben tenue valore: inoltre — affermano i savi moderni — la morale è fenomeno mutevole di sentire secondo il mutare della società e della storia), ma perchè tali principî mi furono da te inspirati, e in questa maniera di sentire e di operare tu, benchè non dotta di filosofia e di lettere, mi fosti naturale maestra del pari che il Maestro mio venerato e grande di Bologna (tu ne conosci il caro nome, spesso ripetuto sotto il nostro umile tetto!).
Certo con tali principî la conquista materiale della fortuna non è stata agevole, anzi...! e non lo sarà, a quel che pare, nè meno per l’avvenire!
Vero è che non sarai tu a farmene rimprovero.
Ma il sole splende su tutti e non fa pagare i suoi raggi, e poca terra ricoprirà noi come i conquistatori della fortuna e della vita!
Troverai anche in queste novelle accenni a care persone che più non sono e che molto amammo e che tu nutri fede di rivedere.
Per queste ragioni accetta l’offerta di questo libro e vivi a lungo sana e consolata per mio conforto.
Milano, ne l’aprile del 1901.
Alfredo Panzini.