Piccola morale/Parte seconda/XI. La deliberazione e le divergenze
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XI.
LA DELIBERAZIONE E LE DIVERGENZE.
La retta linea è la più breve: emblema egli è questo sensibilissimo del vantaggio che arreca ad ogni uomo il mirare deliberatamente ad un fine. Ma quanti sono quelli che dato il primo passo sulla via, cui sonosi proposti di battere, non si arrestino mai, nè mai torcano i piedi per altro sentiero? L’immagine oraziana dell’artefice che, mettendo ogni studio a foggiare un’anfora, si vede a capo del lavoro tra mano un orciuolo, è senza più riferibile a pressochè tutti i disegni, e al modo onde sono dagli uomini condotti a compimento. La natura va, ch’è quanto a dire i giorni e gli avvenimenti si succedono incessantemente; ma ciò che dovrebbe allungarsi si allarga, e quando credi poco meno che raggiunta la meta, non altro trovi che ampliata la strada che mena ad essa. Questo è il fatto del fanciullo che saltellando per l’orto perde la vita dietro l’augellino immagine anche questa di assai buona lega, quanto quella dell’anfora e dell’orciuolo, perchè venuta dall’officina dantesca.
Eppure tutti gli uomini si credono tendere a un fine! Se loro parlate pochi tainuti intendete subito a che volgano l’acume della lor mente ei lor desiderij. Tizio è tutto coll’anima nelle speranze dell’immortalità. Caio nei suoi scrigni, entro a’quali si seppellisce. Vi basta uno scontro d’occhi d’Ortensia a leggervi il bisogno di una mezza dozzina di cascamorti. Prudenzia sinche non si tenga sotto a’ piedi ogni altra donna, non saprà trovar pace. Pure l’affamato di gloria si lascia domare dall’ozio, lo speculatore spreca il suo per vendetta; ad Ortensia una perdita al giuoco fa obbliare i galanti, e Prudenzia per un puntiglio si abbassa a pregare l’infima delle pari.
Credereste paradosso il dire che quanto più hanno d’intensità i nostri pensieri tanto sono più facili ad essere distratti? L’attenzione si logora; e c’è nel nostro spirito, per usare di una materiale figura, qualche cosa di elastico che riguadagna in un’ora quanto ha perduto in un giorno. Portati da questa inclinazione siamo più facili ad arreuderci alle lusinghe che quinci e quindi divergono le nostre idee da quel termine a cui sembravano indirizzate. È questo il canto delle favolose Sirene, al quale pochi sono gli Ulissi che sappiano tener chiuse le orecchie. Vi è mai toccato di aver in mano la penna, e sotto gli occhi la carta, e dopo una buona mezz’ora cercare invano una riga nera su quel tanto bianco che avete dinanzi? E non mica per aver condotto i nostri pensieri in traccia del meglio di quel soggetto che avevate nella mente, perchè mentre il soggetto domandava valli e lagune sognavate senza avvedervene montagne e torrenti. E son queste divergenze appunto delle quali la fantasia prende sempre il suo maggiore diletto; ciò che è remoto la vince sopra ciò che avete vicino. La fantasia esulta allora del proprio potere, si ride degli ostacoli che le sono frapposti dai sensi, o alletta quella malinconia che è molte volte preferibile alla stessa allegrezza.
Ad alcuni molte cose succedono in bene, non tanto perchè essi siensi condotti diritti e securi alla meta, ma perchè questa si mosse del proprio luogo per venir loro incontro. Ad ogni tiro di dadi sono certi di far punto, ogni polizza estratta per essi dell’urna è la favorita dalla fortuna. Sono alcuni che fatti timidi da una sciagurata esperienza, anziché correre dietro alla felicità che loro scappa dinnanzi, non altro lasciando vedere di sè che la chioma abbandonata alle spalle, fuggono disperatamente dinanzi alla sventura che gl’incalza con vipereo flagello, e, a vie meglio riuscire nel loro intento, ne vanno a sghimbescio, mutando ad ogni poco direzione. Si arrestano, affannati del lungo corso, ove prima s’imbattono, e la fortuna viene spesse volte a trovarli che rifiniti non hanno più voce da darle la ben venuta.