Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/999

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*    Alla p. 996. E la letteratura latina non poté impedire che la sua lingua non si spegnesse, laddove la greca ancor vive, benché corrotta, perché, sapendo il greco antico, si arriva anche senza preciso studio a capire il greco moderno; non cosí, sapendo il latino, a capir l’italiano ec. Onde la presente lingua greca non si può distinguere dall’antica, come l’italiano ec. dal latino, che son lingue precisamente diverse, benché parenti. E neppure si capisce l’italiano sapendo il francese, né ec. (29 aprile 1821). Vedi p. 1013, capoverso 1.


*    In prova di quanto la lingua greca fosse universale, e giudicata per tale, ancor dopo il pieno stabilimento e durante la maggiore estensione del dominio romano e de’ romani pel mondo, si potrebbe addurre il Nuovo Testamento, codice della nuova religione sotto i primi imperatori, scritto tutto in greco, quantunque da scrittori giudei (cosí tutti chiamano gli ebrei di que’ tempi); quantunque l’Evangelio di [p. 329 modifica]S. Marco si creda scritto in Roma e ad uso degl’italiani, giacché è rigettata da tutti i buoni critici l’opinione che quell’Evangelio fosse scritto originariamente in latino (Fabricius Bibliotheca Graeca, III, 131): quantunque v’abbia un’Epistola di S. Paolo, cittadino romano, diretta a’ romani, un’altra agli ebrei; quantunque v’abbiano le Epistole dette cattoliche, cioè universali, di S. Giacomo e di S. Giuda Taddeo. Ma senza entrare nelle quistioni intorno alla lingua originale del Nuovo Testamento o delle diverse sue parti, osserverò quello che dice il Fabricius, Bibliotheca Graeca, edit., vet., t. III, p. 153, lib. 4°, c. 5, § 9, parlando dell’Epistola di S. Paolo a’ romani: graece scripta est, non latine, etsi scholiastes Syrus notat scriptam esse Romane רומאןת, quo vocabulo Graecam