Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/981

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[p. 313 modifica] della lingua latina nell’illirico, avvenuta in bassi tempi (Hager, ivi, p. 244, verso il mezzo ec.;) e Biblioteca Italiana, vol. VIII, pag. 208, rendendo conto dell’opera dello stesso Hager, Observations sur la ressemblance frappante que l’on découvre entre la langue des Russes et celle des Romains, Milano 1817, chez Stella, en-4° gr., dove l’autore dimostra questa propagazione), essendo la lingua russa [p. 314 modifica]figlia dell’illirica (ivi); sí ancora la voce ojo spagnuola (che si pronunzia oco aspirando il c all’uso spagnuolo) dimostrano che quell’antichissima voce occus, benché sparita dalle scritture latine, si conservò nel latino volgare (25 aprile 1821).

*    Alla pag. 740. La lingua greca si era conservata sempre pura, in gran parte per la grande ignoranza in cui erano i greci del latino. La quale si fa chiara sí da altri esempi che ho allegati in altro pensiero, (cioè quelli di Longino nel giudizio timidissimo che dà di Cicerone e di Plutarco nella prefazione alla vita di Demostene, della quale vedi il Toup (ad Longin., pag. 134), sí ancora da questo, che laddove i latini citavano ad ogni momento parole e passi greci colle lettere greche, gli scrittori greci non mai citavano o usavano parole latine se non con elementi greci, e con maraviglia e come cosa unica notò il Mingarelli in un’opera di Didimo Alessandrino, teologo del quarto secolo, da lui per la prima volta pubblicata, due o tre parole latine barbaramente scritte in caratteri latini (Didym. Alexandr., De Trinitate, lib. I, cap. 15, Bononiae, typis Laelii a Vulpe 1769, in-fol., p. 18, gr. et lat. cura Johannis Aloysii Mingarellii. Vide ib. eius not. 3 e la Lettera a Mons. Giovanni Archinto sopra un’opera inedita di un antico teologo, stampata già in Venezia nella Nuova Raccolta del Calogerà, 1763, Tomo XI e ristampata nell’Appendice alla detta opera, cap. 3, p. 465, fine-466, principio, del che non si troverà