Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/980
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mette fuor di dubbio la rimota antichità. Biblioteca Italiana loc. cit. nel pensiero antecedente, rendendo conto della stessa opera, pag. 217, fine (24 aprile 1821).
* La lingua del Lazio adunque si dovette propagare nel contiguo Illirico e all’Oriente, non meno che si propagò in amendue le Gallie all’Occidente; e il nome Romania, che fino a’ nostri dí si è conservato, e la lingua chiamata dai Valacchi Romaneski, che tanto somiglia alla latina come un viaggiatore recente ce lo conferma (vedi Caronni, In Dacia, Milano 1812, pag. 32), non che il gran numero di antichità romane disotterrate in quelle parti, ne sono una prova convincente. Articolo originale del Cav. Hager, nello Spettatore di Milano, 1 aprile 1818, quaderno 97, pag. 245. fine (25 aprile 1821).
* Basta che la voce Oco che significa anch’essa occhio1 in russo (cioè oltre la voce Glass che significa lo stesso) sia tanto simile all’oculus de’ latini, onde dimostrare che questa voce non è meno affine alla voce latina, che la parola occhio in italiano, non essendo oculus che il diminutivo della parola occus o occos che significava un occhio in greco antico, come lo attestano Esichio ed Isidoro. Luogo citato qui sopra, pag. 244, principio. Sí, dunque, la voce russa Oco, derivata dal latino mediante la propagazione
Note
- ↑ Occhio però viene da oculus come da somniCVLosus, sonnaCCHIoso e l’antico sonnoCCHIoso, da auricola, orecchia, da geniculum o genuculum, ginocchio (vedi pag. 1181, margine), da foeniculum, finocchio, da macula, macchia, da apicula o apecola, pecchia, da stipula, stoppia (bisogna notare che anche gli spagnuoli dicono ojo da oculus, come oreja, oveja da auricola, ovicula ec.) da ungula, unghia ec. (vedi pag. 2375 e la pag. 2281 e segg.).