Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/958
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | 957 | 959 | ► |
e limpida evidenza dell’idea, quando si ascolta una parola (19 aprile 1821).
* Una delle principali cagioni per cui l’infelicità rende l’uomo inetto al fare e lo debilita e snerva, onde l’infelicità toglie la forza, non è altra se non che l’infelicità debilita l’amor di se stesso. E intendo massimamente della infelicità grave e lunga. La quale, col continuo contrasto che oppone all’amor di se stesso che era nel paziente, colla battaglia ostinatissima e fortissima che gli fa e coll’obbligarlo ad uno stato contrario del tutto a quello ch’è scopo, oggetto e desiderio di questo amore, finalmente illanguidisce questo amore, rende l’uomo meno tenero di se stesso, siccome avvezzo a sentirsi infelice malgrado gli sforzi che ci opponeva. Anzi una tale infelicità, se non riduce l’uomo alla disperazion viva e al suicidio o all’odio di se stesso, ch’è il sommo grado e la somma intensità dell’amor proprio in tali circostanze, lo deve ridurre per necessità ad uno stato opposto, cioè alla freddezza e indifferenza verso se stesso, giacché s’egli continuasse ad essere cosí infiammato verso se medesimo, com’era da principio, in che modo potrebbe sopportare la vita o contentarsi di sopravvivere, vedendo e sentendo sempre infelice questo oggetto del suo sommo amore e di tutta la sua vita sotto tutti i rispetti?
Ma l’amor di se stesso è l’unica possibile molla delle azioni e dei sentimenti umani, secondo ch’è applicato a questo o quello scopo virtuoso o vizioso, grande o basso ec.