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[p. 204 modifica] pensiamo parlando. Ora nessuna lingua ha forse tante parole e modi da corrispondere ed esprimere tutti gl’infiniti particolari del pensiero. Il posseder piú lingue e il potere perciò esprimere in una quello che non si può in un’altra, o almeno cosí acconciamente o brevemente, o che non ci viene cosí tosto trovato da esprimere in un’altra lingua, ci dà una maggior facilità di spiegarci seco noi e d’intenderci noi medesimi, applicando la parola all’idea, che senza questa applicazione rimarrebbe molto confusa nella nostra mente. Trovata la parola in qualunque lingua, siccome ne sappiamo il significato chiaro e già noto per l’uso altrui, cosí la nostra idea ne prende chiarezza e stabilità e consistenza e ci rimane ben definita e fissa [p. - modifica]
[p. 205 modifica]nella mente, e ben determinata e circoscritta. Cosa ch’io ho provato molte volte, e si vede in questi stessi pensieri scritti a penna corrente, dove ho fissato le mie idee con parole greche, francesi, latine, secondo che mi rispondevano piú precisamente alla cosa e mi venivano piú presto trovate. Perché un’idea senza parola o modo di esprimerla ci sfugge, o ci erra nel pensiero, come indefinita e mal nota a noi medesimi che l’abbiamo concepita. Colla parola prende corpo, e quasi forma visibilr e sensibile e circoscritta.


*   Spesse volte il caso ha renduto espressivissima una parola che parrebbe perciò originale e derivata dalla cosa, mentre non è che una pura figlia d’etimologia. Per esempio nausea, quella parola sí espressiva presso i latini e gl’italiani (vedi questi pensieri p. 12) deriva dal greco ναῦς nave, onde ναυτία, ionicamente ναυσία, e in latino nausea perch’ella suole accadere ai naviganti.


*   Bisognerebbe vedere se quell’oracolo della porca bianca, da trovarsi da Enea all’imboccatura del Tevere per buono ed ultimo augurio, secondo Virgilio, avesse qualche altro significato ed origine nota e verisimile, non fattizia e arbitraria; perché, non avendone, io suppongo che derivi dal nome di troia che noi diamo alle