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204 | pensieri | (94-95) |
sieno lontane dal conservare in nessun modo il carattere dello stile originale. Qui comprendo anche le Georgiche di Delille, intese da orecchie non francesi, e quella generale osservazione fatta anche dalla Staël nella Biblioteca Italiana, che le traduzioni francesi da qualunque lingua hanno sempre un carattere nazionale diverso dallo stile originale, e anche dalle parti piú essenziali di esso, e anche da’ sentimenti. E basta anche notare come le traduzioni e lo stile d’Amyot veramente semplicissimo (e non però suo proprio ma similissimo a quello de’ suoi originali, e, tra le lingue moderne, all’italiano) si allontanino dall’indole della presente lingua francese, non solo quanto alle parole e ai modi antiquati, ma principalmente nelle forme sostanziali e nell’insieme dello stile, che ora di francese non può avere altro che il nome, e che sarebbe chiamato barbaro in un moderno, levato anche ogni vestigio d’arcaismo. E scommetto ch’egli riesce piú facile a intendere agl’italiani, che ai francesi non dotti, massime nelle lingue classiche.
* Il posseder piú lingue dona una certa maggior facilità e chiarezza di pensare seco stesso, perché noi (95) pensiamo parlando. Ora nessuna lingua ha forse tante parole e modi da corrispondere ed esprimere tutti gl’infiniti particolari del pensiero. Il posseder piú lingue e il potere perciò esprimere in una quello che non si può in un’altra, o almeno cosí acconciamente o brevemente, o che non ci viene cosí tosto trovato da esprimere in un’altra lingua, ci dà una maggior facilità di spiegarci seco noi e d’intenderci noi medesimi, applicando la parola all’idea, che senza questa applicazione rimarrebbe molto confusa nella nostra mente. Trovata la parola in qualunque lingua, siccome ne sappiamo il significato chiaro e già noto per l’uso altrui, cosí la nostra idea ne prende chiarezza e stabilità e consistenza e ci rimane ben definita e fissa