Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/887
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o certo spogliarla de’ costumi, leggi, governatori propri, dei tempii, de’ sepolcri, della roba, del danaio, delle proprietà, delle mogli, dei figli ec. e ridurla se non in ischiavitú, come si costumò antichissimamente, spogliando il vinto anche del suo paese, certo però in servitú; e considerarla come nazione dipendente, soggiogata, non partecipe di nessun vantaggio della nazion dominante e non appartenente a lei se non come suddita, né avente con lei altro di comune, né diritti, né ec. come se fosse di altra razza d’uomini. E conseguentemente e congruentemente, perché insomma tutta quanta la nazione essendo stata ed essendo nemica del vincitore, tutta si trattava come nemica vinta e domata e tutta era preda del nemico trionfante. Quindi la disperazione delle guerre, l’ostinazione delle resistenze le piú inutili, lo scannarsi scambievolmente le popolazioni intiere, piuttosto che aprir le porte al nemico, perché in fatti il vinto andava nelle mani e nell’assoluta balía di un nemico mortale, com’egli lo era del vincitore, quindi anche il combattere le nazioni intere e l’essere tutti soldati quanti potevano portar armi, e ciò sempre, cioè tanto in guerra quanto (se non in atto certo in potenza e disposizione) nel tempo di pace. Perché le nazioni, massime vicine, erano sempre in istato di guerra, odiandosi tutte scambievolmente e cercando l’una di sorpassar l’altra in