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(885-886-887) pensieri 241

quelle de’ popoli liberi o fatte a un popolo libero,  (886) per la stessa ragione, per cui, come ho detto, un popolo libero ama maggiormente la patria, e maggiormente odia lo straniero. Cosí che, sí la nazione e l’armata straniera sí l’individuo straniero, era come nemico privato dell’individuo che combatteva pel suo popolo libero e per la sua patria. E questa è una delle principali e piú manifeste ragioni per cui i popoli piú amanti della patria loro, e fra questi i liberi, sono stati sempre i piú forti, i piú formidabili al di fuori, i piú bellicosi, i piú intrepidi, i piú atti alle conquiste ed effettivamente, per cosí dire, i piú conquistatori.


     Dall’esser le guerre nazionali dovea risultare quest’altro effetto, che avea luogo realmente fra gli antichi ed ha luogo in tutte le nazioni selvagge e proporzionatamente in quelle che conservano maggiore spirito di nazione e maggior primitivo, come gli spagnuoli: cioè le guerre dovevano essere a morte e senza perdono, giacché tutti e ciascuno erano nimici fra loro, senza distinzione ec. E l’effetto della vittoria doveva essere il cattivare intieramente non solo il governo, ma la nazione intiera (come si vide principalmente in Asia a tempo de’ monarchi assiri nelle lor guerre co’ giudei ec., e al tempo di Tito Vespasiano),  (887) o certo spogliarla de’ costumi, leggi, governatori propri, dei tempii, de’ sepolcri, della roba, del danaio, delle proprietà, delle mogli, dei figli ec. e ridurla se non in ischiavitú, come si costumò antichissimamente, spogliando il vinto anche del suo paese, certo però in servitú; e considerarla come nazione dipendente, soggiogata, non partecipe di nessun vantaggio della nazion dominante e non appartenente a lei se non come suddita, né avente con lei altro di comune, né diritti, né ec. come se fosse di altra razza d’uomini. E conseguentemente e congruentemente, perché insomma tutta quanta la nazione es-