Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/784

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*    Da torvo parola italianissima e di Crusca, il Caro nell’Eneide (lib. II, dove parla del simulacro di Pallade) fece torvamente, parola che non si trova nel vocabolario. Ci può esser voce piú chiara, piú naturale e ad un tempo piú italiana di questa? Ma perché non istà scritta nella Crusca e perché a quegli accademici non piacque di porre la famosissima Eneide del Caro fra i testi, avendoci messo tanti libracci, però quella voce non si potrà usare? Questo lo dico per un esempio, ὡς ἐν τύπῳ. Del resto, questo è un derivato senza ardire nessuno e, sebbene anche di questa specie se ne danno infiniti e cosí anche giovano moltissimo alla lingua, sí per la moltitudine sí anche individualmente, nondimeno [p. 184 modifica]sono forse di maggior utile i derivati o usi nuovi di parole o modi già correnti, fatti con un certo ardire. Ma ho portato questo esempio per dimostrare come si possano far nuovi derivati dalle nostre proprie radici, che, sebbene nuovi, abbiano lo stessissimo aspetto delle parole vecchie e usitate, sí per la chiarezza che per la naturalezza, per la forma suono ec. e quindi sieno tanto italiane quanto la stessa Italia. Del qual genere se ne danno, come ho detto, infiniti a ogni passo (15 marzo 1821).