Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/757
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fanno i nostri per impotenza, ignoranza, povertà, e niun possesso di lingua; credendo di esser buoni scrittori italiani quando hanno imparato e usato a sproposito e come capita un certo numero di parole e modi antichi, non curandosi poi, o non sapendo vedere se corrispondano al resto e all’insieme del colorito e dell’andamento e testura del discorso, ovvero sieno come un ritaglio di porpora cucito sopra un panno vile o certo d’altro colore ed opera. Ma conviene ch’io dica quello ch’é vero, che non mi è riuscito mai di trovare negli antichi scrittori latini o greci, per difettosi che sieno, tanta goffaggine, e incapacità e piccolezza di giudizio e debolezza e scarsezza di mezzi e decisa insufficienza alle imprese, agli assunti ec. quanto negli odierni italiani; e Frontone del resto non fu niente povero d’ingegno. Il suo peccato si può ridurre all’aver considerato come modelli di buona lingua piuttosto Ennio che Virgilio e che lo stesso Lucrezio (che tanto l’arricchí nella parte filosofica), piuttosto Catone che Tullio; all’aver creduto che in quelli e non in questi fosse la perfezione della lingua latina, all’avere attinto piú da quelli che da questi e consideratili come fonti piú ricchi o piú sicuri ec., o certo avere loro attribuita senza veruna ragione (conforme però all’ordinario rispetto per l’antico) maggiore autorità in fatto di lingua ec. ec. Questo sia detto in trascorso e per digressione.
Tornando al proposito, cioè all’arricchire