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(757-758-759) | pensieri | 169 |
faggine e incapacità e piccolezza di giudizio e debolezza e scarsezza di mezzi e decisa insufficienza alle imprese, agli assunti ec. quanto negli odierni italiani; e Frontone del resto non fu niente povero d’ingegno. Il suo peccato si può ridurre all’aver considerato come modelli di buona lingua piuttosto Ennio che Virgilio e che lo stesso Lucrezio (che tanto l’arricchí nella parte filosofica), piuttosto Catone che Tullio; all’aver creduto che in quelli e non in questi fosse la perfezione della lingua latina, all’avere attinto piú da quelli che da questi e consideratili come fonti piú ricchi o piú sicuri ec., o certo avere loro attribuita senza veruna ragione (conforme però all’ordinario rispetto per l’antico) maggiore autorità in fatto di lingua ec. ec. Questo sia detto in trascorso e per digressione.
Tornando al proposito, cioè all’arricchire (758) la lingua del prodotto delle sue proprie sostanze, e dalla greca e latina passando alle vive, questa è sempre stata e sarà sempre facoltà inseparabile dalla vita delle lingue e da non finire se non colla loro morte. Tutte le lingue vive la conservano, eccetto quelli [sic] che vorrebbero che la italiana la deponesse. La francese, la quale, a differenza dell’italiana, si è spogliata della facoltà di usare quelle delle sue parole e modi antichi e primitivi, che le potessero tornare in acconcio (come ho detto altrove), parimente, a differenza di ciò che si esigerebbe dalla italiana, ha conservato sempre ed usato la facoltà di mettere a frutto e moltiplico il suo presente tesoro. E la stessa lingua latina, la quale, per le ragioni che ho detto, perdé in parte questa facoltà dopo Cicerone, non la perdé, se non in quanto a quella felicissima ed immensa facoltà di composti e sopraccomposti o con preposizione o particella, ovvero di piú parole insieme; facoltà che la metteva quasi (759) (cioè in proporzione della quantità delle radici e de’ semplici) al paro della greca; facoltà che si può vedere e nelle primitive parole la-