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[p. 175 modifica] uguali a noi! quando nei boschi desertissimi si giudicava per certo che abitassero le belle Amadriadi e i fauni e i silvani e Pane ec., ed entrandoci e vedendoci tutto solitudine pur credevi tutto abitato! e cosí de’ fonti abitati dalle Naiadi ec. E stringendoti un albero al seno te lo sentivi quasi palpitare fra le mani, credendolo un uomo o donna, come Ciparisso ecc.! E cosí de’ fiori ec., come appunto i fanciulli.


*   Quello che ho detto, p. 32 di questi pensieri della tartaruga si potrà forse dire anche del Pigro, della cui vita bisogna vedere presso i naturalisti se sia lunga.


*   Molti sono che dalla lettura de’ romanzi, libri sentimentali ec., o acquistano una falsa sensibilità non avendone, o corrompono quella vera che avevano. Io sempre nemico mortalissimo dell’affettazione, massimamente in tutto quello che spetta agli affetti dell’animo e del cuore, mi sono ben guardato dal contrarre questa sorta d’infermità, e ho sempre cercato di lasciar la natura al tutto libera e spontanea operatrice ec. A ogni modo mi sono avveduto che la lettura de’ libri non ha veramente prodotto in me né affetti o sentimenti che non avessi, né anche verun effetto di questi, che senza esse letture non avesse dovuto nascer da se, ma pure gli ha accelerati e fatti sviluppare piú presto: insomma, sapendo io dove quel tale affetto, moto, sentimento ch’io provava, doveva andare a finire, quantunque lasciassi intieramente fare alla natura, nondimeno, trovando la strada come [p. 176 modifica]aperta, correvo per quella piú speditamente. Per esempio, nell’amore la disperazione mi portava piú volte a desiderar vivamente di uccidermi: mi ci avrebbe portato senza dubbio da se, ed io sentivo che quel desiderio veniva dal cuore ed era nativo e mio proprio, non tolto in prestito, ma egualmente mi parea di sentire che quello mi sorgea cosí tosto perché dalla lettura recente del Werther sapevo che quel genere di amore ec. finiva cosí: insomma la disperazione mi portava là, ma, s’io fossi stato nuovo in queste cose, non mi sarebbe venuto in mente quel desiderio cosí presto, dovendolo io come inventare, laddove, non ostante ch’io fuggissi quanto mai si può dire ogni imitazione ec., me lo trovava già inventato.


*   A quel pensiero dell’Algarotti che è nel t. VIII delle sue opere, Cremona, Manini 1778-1784, p.96, si può aggiungere il καλοκἀγαθὸς dei greci ch’è la