Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4358

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L’imitazione tien sempre molto del servile. Falsissima idea considerare e definir la poesia per arte imitativa, metterla colla pittura ec. Il poeta immagina: l’immaginazione vede il mondo come non è, si fabbrica un mondo che non è, finge, inventa, non imita, non imita (dico) di proposito suo: creatore, inventore, non imitatore; ecco il carattere essenziale del poeta. Quum philosophus ille (Plato), primus, ut nobis videtur, ex aliquot generibus, maxime scenico, poëticae arti naturam affingeret μίμησιν etc. Primariam illius sententiam de arte poëtica suscepit Aristoteles in celebratissimo libello, correctam quidem passim a se, verum ne sic quidem [p. 301 modifica]explicatam, ut cuique generi Carminum satis conveniret; adeo didascalicum genus ab eo prorsus excluditur. Neque post Aristotelem quisquam philosophorum veram vim illius artis aut historicam interpretationem recte assecutus videtur (Wolf, § 36, p. clxiv-v). Questa definizione di Platone, definizione di quel genere dialettico, esercitativo, anzi ludicro, secondo cui egli metteva, per esempio, la rettorica colla μαγειρική ec. (vedi il Gorgia, e il Sofista, specialmente in fine), è la sola origine di questa sí inveterata opinione che la poesia sia un’arte imitativa. Vedi p. 4372, fine.

Ma, lasciando questo discorso ad altra occasione, basta ora rispondere che in origine, e presso i greci (come tutte le cose in origine sono piú ragionevoli), i drammi furono assai piú brevi componimenti che ora, e quasi senza piano, cioè con intreccio semplicissimo. Omnino vero utilissimum esset, undecumque collecta unum in locum habere, quae in libris veterum vel praecepta de arte poëtica, vel iudicia de poëtis suis sparsim leguntur.