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300 | pensieri | (4357-4358) |
Il sentimento che l’anima al presente, ecco la sola musa ispiratrice del vero poeta, il solo che egli provi inclinazione ad esprimere. Quanto piú un uomo è di genio, quanto piú è poeta, tanto piú avrà de’ sentimenti suoi propri da esporre, tanto piú sdegnerà di vestire un altro personaggio, di parlare in persona altrui, d’imitare, tanto piú dipingerà se stesso e ne avrà il bisogno, tanto piú sarà lirico, tanto meno drammatico. In fatti i maggiori genii e poeti che hanno coltivata la drammatica, (coltivata perché l’hanno creduta poesia, ingannati dal verso, come Virgilio fece un poema epico perché credé che Omero ne avesse fatto), peccano sempre in questo, di dar se stessi piú che altrui. Vedi p. 4367. L’estro del drammatico è finto, perch’ei dee fingere: un che si sente mosso a poetare, non si sente mosso che dal bisogno d’esprimere de’ sentimenti ch’egli prova veramente Vedi p. 4398. Noi ridiamo delle esercitazioni de’ sofisti: che avrà detto Medea ec., che direbbe uno il quale ec. Cosí delle Orazioni di finta occasione, come tante nostre del cinquecento, cominciando dal Casa. Or che altro è la drammatica? meno ridicola perché in versi? Anzi l’imitazione è cosa prosaica: in prosa, come ne’ romanzi, è piú ragionevole: cosí nella nostra commedia, dramma in prosa, ec. (4358)
L’imitazione tien sempre molto del servile. Falsissima idea considerare e definir la poesia per arte imitativa, metterla colla pittura ec. Il poeta immagina: l’immaginazione vede il mondo come non è, si fabbrica un mondo che non è, finge, inventa, non imita, non imita (dico) di proposito suo: creatore, inventore, non imitatore; ecco il carattere essenziale del poeta. Quum philosophus ille (Plato), primus, ut nobis videtur, ex aliquot generibus, maxime scenico, poëticae arti naturam affingeret μίμησιν etc. Primariam illius sententiam de arte poëtica suscepit Aristoteles in celebratissimo libello, correctam quidem passim a se, verum ne sic quidem