<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/425&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712192657</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/425&oldid=-20130712192657
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 425 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 461modifica] stessa ragione e sapere. Dico col mezzo, perché non c’era altro modo di richiamarle, se non tornare a giudicarle vere, e questo giudizio non poteva farlo se non la ragione e il sapere già stabilito. Ma come quella stessa ragione e sapere che le avevano distrutte potevano permettere che risorgessero, anzi introdurle di nuovo nell’anima? Sarebbe convenuto che la ragione rinegasse se stessa, come conviene ora a qualunque filosofo vuol vivere. Non c’era altro mezzo se non che una nuova religione, ammessa e creduta per vera dalla ragione, e conforme ai lumi di quel tempo: la qual religione tornasse a far la base delle illusioni perdute (altrimenti a che valeva nel nostro caso?) in maniera che queste ripigliassero l’aspetto stabile di verità agli occhi degli uomini. Insomma, bisognava che questa religione, nuova base delle illusioni naturali e necessarie, fosse il parto della ragione e del sapere. O, parlando cristianamente, bisognava che una espressa [p. 462modifica]rivelazione assicurasse la ragione, che quelle credenze ch’ella aveva ripudiate erano vere. Ecco dunque arrivata la necessità di una religione perfettamente ragionevole,