<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/422&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712192651</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/422&oldid=-20130712192651
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 422 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 459modifica] mantengano quanto è possibile delle credenze ed errori naturali (e quindi costumi, consuetudini ed azioni che ne derivano); ed escludano e scaccino gli errori artifiziali, almeno i piú gravi, importanti e barbarizzanti. Tale appunto era lo stato degli antichi popoli colti, pieni perciò di vita, perché tanto piú vicini alla natura, e alla felicità naturale. Le religioni antiche pertanto (eccetto negli errori non naturali e perciò dannosi e barbari, i quali non erano in gran numero, né gravissimi) conferivano senza dubbio alla felicità temporale molto piú di quello [p. 460modifica]che possa fare il cristianesimo; perché, contenendo un maggior numero e piú importante di credenze naturali, fondate sopra una piú estesa e piú profonda ignoranza, tenevano l’uomo piú vicino allo stato naturale: erano insomma piú conformi alla natura e minor parte davano alla ragione (all’opposto la barbarie de’ tempi bassi derivata da ignoranza non naturale ma di corruzione, non da ignoranza negativa ma positiva. Questa non poteva conferire alla felicità, ma all’infelicità, allontanando maggiormente l’uomo dalla natura: se non in