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460 pensieri (422-423-424)

che possa fare il cristianesimo; perché, contenendo un maggior numero e piú importante di credenze naturali, fondate sopra una piú estesa e piú profonda ignoranza, tenevano l’uomo piú vicino allo stato naturale: erano insomma piú conformi alla natura e minor parte davano alla ragione (all’opposto la barbarie de’ tempi bassi derivata da ignoranza non naturale ma di corruzione, non da ignoranza negativa ma positiva. Questa non poteva conferire alla felicità, ma all’infelicità, allontanando maggiormente l’uomo dalla natura: se non in (423) quanto quell’ignoranza qualunque richiamava parte delle credenze e abitudini naturali, perché la natura trionfa ordinariamente, facilmente e naturalmente quando manca il suo maggiore ostacolo ch’é la scienza. E però quella barbarie produceva una vita meno lontana dalla natura e meno infelice, piú attiva ec. di quella che produce l’incivilimento non medio ma eccessivo del nostro secolo. Del resto vedi in questo proposito p. 162, capoverso 1. Tra la barbarie e la civiltà eccessiva non è dubbio che quella non sia piú conforme alla natura e meno infelice, quando non per altro, per la minor conoscenza della sua infelicità. Del rimanente, per lo stesso motivo della barbarie de’ bassi tempi, è opposta alla felicità e natura, la barbarie e ignoranza degli asiatici generalmente, barbareschi, affricani, maomettani, persiani antichi dopo Ciro, sibariti, ec. ec. Cosí proporzionatamente quella della Spagna e simili piú moderne ed europee).


*   Ma il detto effetto delle antiche religioni non poteva durare, se non quanto durasse la credenza della verità reale di esse religioni: vale a dire, quanto durasse quella tal misura e profondità d’ignoranza che permettesse di credere veramente (424) e stabilmente dette religioni e gli errori e illusioni naturali che vi erano fondate. Prevalendo sempre piú la ragione e il sapere e scemando l’ignoranza parziale, quelle religioni, piú