[p. 459 modifica] conseguenza quanto maggiore per estensione, e per profondità sarà questa ignoranza parziale, tanto piú l’uomo sarà felice. Questo è chiarissimo in fatto, per l’esperienza de’ fanciulli, de’ giovani, degl’ignoranti, de’ selvaggi. S’intende però un’ignoranza la quale serva di fondamento alle credenze, giudizi, errori, illusioni naturali, non a quegli errori che non sono primitivi e derivano da corruzione dell’uomo o delle nazioni. Altro è ignoranza naturale, altro ignoranza fattizia. Altro gli errori ispirati dalla natura e perciò convenienti all’uomo e conducenti alla felicità; altro quelli fabbricati dall’uomo. Questi non conducono alla felicità, anzi all’opposto, com’essendo un’alterazione del suo stato naturale, e come tutto quello che si oppone a esso stato. Perciò le superstizioni, le barbarie ec. non conducono alla felicità, ma all’infelicità. Vedi p. 314. Quindi è che, dopo lo stato precisamente naturale, il piú felice possibile in questa vita, è quello di una civiltà media, dove un certo equilibrio fra la ragione e la natura, una certa mezzana ignoranza,