Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4217
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τινα τοῦ λόγου ὰνωμαλίαν. Οἱ γοῦν ὰρχαῖοι, πολλὰ σχήματα ὲν τοῖς λόγοις τιθέντες, συνηθέστεροι τῶν ὰσχηματίστων εἰσί, διὰ τὸ ὲντέχνως τιθέναι). L’osservazione è verissima in tutte le lingue; la causa, proprio il contrario di quel che dice Demetrio. Gli antichi usavano le figure naturalmente, senz’arte, e per non saper bene le regole generali della grammatica: i moderni le pescano negli antichi, le usano a posta, sono irregolari per arte. Perciò paiono, come sono, artifiziati, affettati, stentati, diversi dal dir corrente. Caro Demetrio, non ogni buon effetto o successo è da attribuirsi all’arte. Concedete qualche coserella alla natura, ed anche all’ignoranza, benché voi siate un maestro di arte rettorica. Vedi p. 4222.
* Alla p. 4206. Quell’altra storiella nota, dello spartano: quo fugis, anima bis moritura; sarà parimente inventata ad esagerazione e derision di goffaggine, e di coraggio materiale e stupido.
* Μέδω, μέδομαι, μήδω, μήδομαι, μηδέω ec. (dei quali verbi dico altrove, parlando di medeor, meditor ec.) debbono originariamente essere stati un verbo solo e medesimo, non pur tra di loro, ma eziandio con μέλω, μελέω, μέλομαι, μέλέομαι, distinti solamente per la pronunzia, come δασὺς-λασὺς, λάσιος e come in ispagnuolo dexar (oggi si scrive dejar coll’iota, che risponde al nostro sci e al francese ch) da Laxare, lasciare, laisser, lâcher. Δάχρυον - lacrima.
* Alla p. 4200. Dicono anche i greci nello stesso senso ἀναλαμβάνειν. Ménnone storico, Istoria della città di Eraclea pontica, cioè di Ponto, ap. Foz., cod. 224, col. 724, ed. greco-latina καὶ ἀπορίας αὐτοὺς καταλαβούσης, ἀνελάμβανον οἱ ἀπὸ τῆς ᾽Ηρακλείας, σῖτον εἰς ᾽Αμισὸν πέμποντες. Trovandosi in iscarsezza di vittovaglie, quelli di Eraclea li riebbero, mandando del frumento in Amiso (Bologna, 14 ottobre 1826). Id.,