Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4201

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*   Volere per μέλλειν. Anguillara, Metam., l. IV, st. 105 (Bologna, 16 settembre 1826).


*    Incespitare per incespicare di cui altrove. Caro, loc. sup. cit., lib. II, p. 48, fine.


*    Risicato per che si arrischia, che si suole arrischiare. Caro, ib., l. III, p. 53, 59. [p. 132 modifica]


*    Arreticato (irretitus, preso nella rete), ib., p. 54. Sanicare, sanicato. Vedi Crusca. Affumicare.


*    Insertare ghirlande. Caro, ib., l. I, p. 25 ed ultima. Con le foglie tessute e consertate in modo che facevano come una grotta; ib., l. III, p. 53. I rami si toccavano e s’inframmettevano insieme insertando le chiome, lib. IV, principio, p. 77.


*    Grufare, grufolare. Caro, l. c., lib. IV, p. 80.


*    Mele appie - Mele appiole, o appiuole. Diminutivo aggettivo. Vedi Crusca in Mela, Appio, Appiola. Mele appiole, Caro l. c., lib. I, p. 20. Mele appiuole, l. III, fine, p. 74.


*    Εὐήθης, εὐήθεια, ec. bonitas, bonus vir ec. bonhomme, bonhomie ec., dabben uomo, dabbenaggine ec. Parole il cui significato ed uso provano in quanta stima dagli antichi e dai moderni sia stato veramente e popolarmente (giacché il popolo determina il senso delle parole) tenuta la bontà. E in vero io mi ricordo che quando io imparava il greco, incontrandomi in quell’εὐήθης ec., mi trovava sempre imbarazzato, parendomi che siffatte parole suonassero lode, e non potendomi entrare in capo ch’elle si prendessero in mala parte, come pur richiedeva il testo. Avverto che io studiava il greco da fanciullo (Bologna, 18 settembre 1826).


*    Ὀβελίας-oublie. Vedi Casaub., ad Athenae., lib. III, cap. 26.


*    Spesse volte in occasioni di miei dispiaceri, anche grandi, io ho dimandato a me stesso: posso io non affliggermi di questa cosa? E l’esperienza avutane già piú volte, mi sforzava a risponder di sí, che io poteva. Ma il non affliggersene sarebbe contro ragione: non [p. 133 modifica]vedi tu il male come è grave, come è serio e vero? - Lasciamo star che nessun male è vero per se, poiché se uno non lo conosce o non se ne affligge, ei non è piú male. Ma l’affliggertene può forse rimediarvi o diminuirlo? - No. - Il non affliggertene può forse nuocerti? - No certo. - E non è meglio assai per te il non pensarne, il non pigliarne dolore, che il pigliarlo? - Meglio assai. - Come dunque sarà contro ragione? Anzi sarà ragionevolissimo. E se egli è ragionevole, se utile,