Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/4183

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*    Esempio curioso di costanza spartana mista di bêtise. Lacone dignum est apophthegma illius Spartani, qui in os iniecto per summam rerum imperitiam, echino (pesce) cum omnibus spinis, ὦ φάγημα, inquit, μιαρὸν, οὔτε μὴ νῦν σε ἀφέω μαλακισθεὶς, οὔτ’αὖθις ἔτι λάβοιμι. O cibe impure, neque nunc ego te prae mollitie animi dimittam, neque iterum posthac sumam (sono parole riferite da Ateneo). Putavit homo durus suae constantiae interesse, ne vinci ab echini aculeis videretur. Casaub. ad Athenae., l. III, c. 13 (Bologna, 6 luglio 1826). Vedi p. 4206.

*    Il mangiar soli, τὸ μονοφαγεῖν, era infame presso i greci e i latini, e stimato inhumanum, e il titolo di μονοφάγος si dava ad alcuno per vituperio, come quello di τοιχωρύχος, cioè di ladro. Vedi Casaub., ad Athenae., l. II, c. 8, e gli Addenda a quel luogo. Io avrei meritata quest’infamia presso gli antichi (Bologna, 6 luglio [p. 114 modifica]1826). Gli antichi però avevano ragione, perché essi non conversavano insieme a tavola, se non dopo mangiato, e nel tempo del simposio propriamente detto, cioè della comessazione, ossia di una compotazione, usata da loro dopo il mangiare, come oggi dagl’inglesi, e accompagnata al piú da uno spilluzzicare di qualche poco di cibo per destar la voglia del bere. Quello è il tempo in cui si avrebbe piú allegria, piú brio, piú spirito, piú buon umore, e piú voglia di conversare e di ciarlare.1 Ma nel tempo delle vivande tacevano, o parlavano assai poco. Noi abbiamo dismesso l’uso naturalissimo e allegrissimo della compotazione, e parliamo mangiando. Ora io non posso mettermi nella testa che quell’unica ora

Note

  1. Cosí appunto la pensavano gli antichi. Vedi Casaub. ib. l. VIII, c. 14. init.