[p. 448 modifica] assolutamente e naturale, giacché questo non sarebbe barbarie. Ma la storia non ci presenta mai l’uomo in questo stato preciso. Bensí ci dimostra che l’uomo tal quale è ridotto non può godere maggior felicità che in uno stato di civiltà media, dove prevalga la natura, quanto è compatibile colla sua ragione già radicata in un posto piú alto del primitivo. Questo stato non è il naturale assoluto, ma è quello stabilito appresso a poco dalla religione, come dirò poi. Lo stato naturale assoluto non poteva dunque tornare senza un miracolo. Il discorso de’ miracoli è sopraumano e non entra in filosofia. Perché dunque l’uomo, corrotto com’é, non abbia mai ricuperato né sia per ricuperare lo stato puramente naturale e la felicità di cui godono tutti gli altri esseri, rimane, colla detta ragione, spiegato in filosofia. In religione anche meglio; perché Dio, in pena del peccato, avendo condannato l’uomo all’infelicità della corruzione derivata da esso peccato, non voleva né doveva fare questo miracolo. Volendo mostrargli la sua misericordia e dare al suo stato una perfezione compatibile colla sua condanna, cioè colla sua infelicità, non restava altro che perfezionare la sua ragione, cioè quella parte che aveva prevaluto immutabilmente nell’uomo