<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/4&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20130712192554</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/4&oldid=-20130712192554
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 4 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 79modifica] ultimi lavori d’arte. Questi sono di quegli scrittori che nella corruzione si conservano illesi, non possono essere stimati da molti, ec. Ma adesso l’arte è venuta in un incredibile accrescimento, tutto è arte e poi arte, non c’è piú quasi niente di spontaneo, la stessa spontaneità si cerca a tutto potere, ma con uno studio infinito senza il quale non si può avere, e senza il quale a gran pezza l’aveano, spezialmente nella lingua, Dante, il Petrarca, l’Ariosto ec. e tutti i bravi trecentisti e cinquecentisti. Questo avviene perché ora si viene da un tempo corrotto (oltreché si sta pure tra’ corrotti), e bisogna porre il piú grande studio per evitare la corruzione, principalmente quella del tempo, la quale prima che abbiamo pensato a guardarcene s’è impadronita di noi, e poi quella dei tempi passati; perché adesso conosciamo tutti i vizi delle arti e ce ne vogliamo guardare, e non siamo piú semplici come erano i greci e i latini e i trecentisti e i cinquecentisti, perché siamo passati pel tempo di corruzione e siamo divenuti astuti nell’arte, e schiviamo i vizi con questa astuzia e coll’arte, [p. 80modifica]non colla natura, come faceano gli antichi; i quali, senza saperne piú che tanto, pure, perché l’arte era in sul principio e non ancora corrotta, non gli schivavano, ma non ci cadevano. Erano come fanciulli che non conoscono i vizi; noi siamo come vecchi che li conosciamo, ma pel senno e l’esperienza gli schiviamo. E però abbiamo moltissimo piú senno e arte che gli antichi, i quali per questo cadevano in infiniti difetti, non conoscendoli, in cui adesso non cadrebbe uno scolaro. Vizi d’Omero concetti del Petrarca, grossezze di Dante, seicentisterie dell’Ariosto del Tasso del Caro (traduzione dell’Eneide) ec. E però adesso le nostre opere grandi (pochissime perché ancora siamo nella corruzione onde pochissimi emergono) saranno tutte senza difetti, perfettissime, ma in somma non piú originali, non avremo piú Omero, Dante, l’Ariosto. Esempio manifesto del Parini, Alfieri, Monti ec. Onde apparisce quel che io disopra ho detto che dopo che le arti di fanciulle e incorrotte si son fatte mature e corrotte, come gli uomini di mezza età viziosi, invecchiando e ravvedendosi, non potranno piú ripigliare il vigore della fanciullezza e giovinezza. Le arti presso i greci e i latini corrotte una volta non risorsero piú; presso noi van risorgendo: primo esempio finora al mondo, dal quale solo si possono cavare le prove pratiche della mia sentenza. Se non che i poeti e altri scrittori grandi d’oggi stanno in certo modo agli antichi del trecento e cinquecento come i greci dei secoli d’Augusto e degli imperatori, per esempio Dionigi Alicarnasseo, Dione, Arriano ad Erodoto, Tucidide, Senofonte; ma questi eran passati per un’età e si trovavano ancora in un’età piú tosto di debolezza che di corruzione.