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(3-4) pensieri 79

dio de’ classici e l’erudizione dominante nel secolo. Il cinquecento col capitale acquistato nel quattrocento e coll’istradamento del trecento tornò a fare. Ma il seicento, perché era non debole ma corrotto, non solamente non sapea far bene, ma disprezzava il ben fatto anzi gli dispiacea. Quindi la dimenticanza di Dante del Petrarca, ec., che non si stampavano piú. Nel principio del settecento ripigliammo non le forze, ma solo il buon gusto e l’amore degli studi classici; e la prima metà di questo secolo somiglia però al quattrocento, né si fa molto conto di quest’epoca di risorgimento, perché non produsse, come il quattrocento, nessun lavoro d’arte, fuorché la Merope, e durò tanto poco che un uomo stesso poté aver veduto il tempo di corruzione, il risorgimento e il ricadimento. Ricadute le nostre lettere nella imitazione e studio degli stranieri, son comparsi nella seconda metà del settecento e principio dell’ottocento i nostri  (4) ultimi lavori d’arte. Questi sono di quegli scrittori che nella corruzione si conservano illesi, non possono essere stimati da molti, ec. Ma adesso l’arte è venuta in un incredibile accrescimento, tutto è arte e poi arte, non c’è piú quasi niente di spontaneo, la stessa spontaneità si cerca a tutto potere, ma con uno studio infinito senza il quale non si può avere, e senza il quale a gran pezza l’aveano, spezialmente nella lingua, Dante, il Petrarca, l’Ariosto ec. e tutti i bravi trecentisti e cinquecentisti. Questo avviene perché ora si viene da un tempo corrotto (oltreché si sta pure tra’ corrotti), e bisogna porre il piú grande studio per evitare la corruzione, principalmente quella del tempo, la quale prima che abbiamo pensato a guardarcene s’è impadronita di noi, e poi quella dei tempi passati; perché adesso conosciamo tutti i vizi delle arti e ce ne vogliamo guardare, e non siamo piú semplici come erano i greci e i latini e i trecentisti e i cinquecentisti, perché siamo passati pel tempo di corruzione e siamo divenuti astuti nell’arte, e schiviamo i vizi con questa astuzia e coll’arte,