Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3840

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[p. 223 modifica] la pena del suo stato, e gli mancherà la virtú di soffrirlo, dopo impostasene la necessità. La qual virtù manca insieme colla compiacenza ch’ei prova in soffrire o in voler soffrire, la qual compiacenza non può essere perpetua e il tempo e l’età, se non altro, l’estingue. Massime ch’egli non potrà esser consolato e reso indifferente verso le sue privazioni dal disinganno, non avendo mai provato quello di ch’ei si privò, e non essendosene privato per disinganno e per dispregio ch’e’ n’avesse, anzi al contrario per inganno, perch’ei ne faceva gran conto, perché [p. 224 modifica]assaissimo gli costava il privarsene. Ché questa è la differenza da questa sorta di sacrifizi che or discorriamo, e quella piú facile e piú nota (perché proveniente da causa piú manifesta e facile a comprendere e a vederne la connessione coll’effetto) e forse piú ordinaria, o altrettanto, che nasce dal disinganno, dall’esperienza de’ godimenti, dal disgusto della vita tutta felice com’ella può essere.

Quindi accade che tali giovani, i quali nella gioventú son vecchi per lor volontà, e piú fortemente vecchi de’ vecchi medesimi, perché la lor morale vecchiezza viene a nascere appunto dalla lor gioventú fisica, e dalla forza e ardore di questa e del loro carattere, nella maturità e nella vecchiezza (posto che abbiano effettuato quelle loro risoluzioni) sono moralmente giovani, e piú giovani assai de’ giovani stessi che abbiano fatta un poco di esperienza, o che sieno di men fervida e sensitiva natura. Perché questi sono in parte disingannati, o meno avidi e smaniosi del godimento. Quelli continuano e serbano tutto intero e fresco il loro inganno giovanile