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224 | pensieri | (3840-3841) |
ché assaissimo gli costava il privarsene. Ché questa è la differenza da questa sorta di sacrifizi che or discorriamo, e quella piú facile e piú nota (perché proveniente da causa piú manifesta e facile a comprendere e a vederne la connessione coll’effetto) e forse piú ordinaria, o altrettanto, che nasce dal disinganno, dall’esperienza de’ godimenti, dal disgusto della vita tutta felice com’ella può essere.
Quindi accade che tali giovani, i quali nella gioventú son vecchi per lor volontà, e piú fortemente vecchi de’ vecchi medesimi, perché la lor morale vecchiezza viene a nascere appunto dalla lor gioventú fisica, e dalla forza e ardore di questa e del loro carattere, nella maturità e nella vecchiezza (posto che abbiano effettuato quelle loro risoluzioni) sono moralmente giovani, e piú giovani assai de’ giovani stessi che abbiano fatta un poco di esperienza, o che sieno di men fervida e sensitiva natura. Perché questi sono in parte disingannati, o meno avidi e smaniosi del godimento. Quelli continuano e serbano tutto intero e fresco il loro inganno giovanile (3841) e le loro illusioni, e come frutta l’inverno, conservate nella cera, state sempre escluse dal contatto dell’aria, sotto la vecchiezza del corpo conservano quasi intatta ed intera la gioventú dell’anima (mantenuta lungi dall’influenza esteriore ec., nel ritiro ec.), già vera gioventú, perché cessata la gioventú del corpo che li spingeva a soffrire, e ne li facea compiacere, e gliene dava il valore. Questi tali, bene attempati, sono smaniosi del godimento, avidi e sitibondi della felicità senza sperarla, ma ben persuasi, come da principio, ch’ella sia possibile e non difficile né rara, hanno ripreso i desiderii proprii dell’uomo, e massime della gioventú, con tutto il loro ardore ec. Quindi e’ vivono e muoiono disperati e infelici tanto piú quanto e’ credono felici gli altri, e che la loro infelicità, il lor soffrire, il loro non godere, o il non aver mai goduto e sempre sof-