<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3563&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20150925105245</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3563&oldid=-20150925105245
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3563 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 30modifica] che nel cinquecento ancor non regnava, eppur tanto regnava il florido e il poetico nella prosa, quanto non mai nelle buone e classiche prose del seicento: segno che quel vizio nel cinquecento veniva da altra cagione, e ciò era quella che si è detta). Nessuno oggi (né nei due ultimi secoli), per poco che abbia, non pur di giudizio, ma sol di pratica nelle buone lettere, sarebbe capace di peccare,
[p. 31modifica]scrivendo in prosa, per poeticità di stile e linguaggio, altrettanto quanto nell’ottimo ed aureo secolo del cinquecento (mentre il nostro è ferreo) peccavano gli ottimi ingegni nelle classiche prose, sí nel linguaggio, sí nello stile, che quello si tira dietro (p. 3429, fine). E come ho detto a pagg. 3417-9 che il linguaggio propriamente poetico in Italia non fu pienamente determinato, stabilito, e distinto e separato dal prosaico, se non dopo il cinquecento, e massime in questo e nella fine dell’ultimo secolo; cosí si deve dire del linguaggio prosaico, quanto all’essere cosí esattamente determinato ch’ei non possa mai confondersi col poetico, né dar nel poetico senza biasimo ec. Il che non ha potuto perfettamente essere finché i termini fra questi due linguaggi non sono stati fermamente posti, e chiaramente, precisamente,