[p. 376 modifica] poetica, non altrimenti che l’avesse la Grecia, e piú che i latini. Ed è stato anche osservato (da Perticari sulla fine del Trattato degli Scrittori del Trecento) che nella universale corruzione della lingua e stile delle nostre prose e del nostro familiar discorso accaduta nell’ultima metà del passato secolo, e ancora continuante, la lingua de’ poeti si mantenne quasi pura e incorrotta, non solo ne’ migliori o in chi pur seguí un buono stile, ma ne’ pessimi eziandio, e negli stili falsi, tumidi, frondosissimi, ridondanti, strani o imbecilli degli arcadici, de’ frugoniani, bettinelliani ec. Cosí pure era accaduto ne’ barbari poeti del secento. La cagione di ciò è facile a raccorre da queste mie osservazioni, le quali sono ben confermate da questi fatti. Laddove egli è pur certo che, riguardo alla prosa, lo stile non si corrompe mai che non si corrompa altresí la lingua, né viceversa, né v’ha prosatore alcuno di stile corrotto e lingua incorrotta: del che puoi vedere le pagg.3397-9 (12 settembre 1823).