Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura/3501

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[p. 425 modifica] del quale o di piú d’uno di loro ei ripone sempre o espressamente o confusamente, benché pur sempre per errore, la sua felicità e il suo ben essere. Quel trovarsi senz’alcun desiderio al mondo, se non quello di un non so che, quell’essere infelice senza mancare di niun bene né patire assolutamente niun male, è impossibile; e se Augusto diceva d’essere in questo caso, poteva parergli che cosí fosse, ma s’ingannava; [p. 426 modifica]e niuno mai si trovò veramente in tal caso né è per trovarvisi, perché a niuno mai mancò né è per mancar materia di qualche desiderio determinato, piú o men vivo, o ch’esso miri a cosa che ci manchi, o a cosa che noi abbiamo e ci dispiaccia. Anzi a nessuno è per mancar mai materia di molti e vivi desiderii determinati di questa specie. Or tutti questi desiderii determinati che noi abbiamo, ed avremo sempre, e che non soddisfatti, ci fanno infelici, sono tutti di cose terrene. Promettere all’uomo, promettere all’infelice una felicità celeste, benché intera e infinita, e superiore senza paragone alla terrena, e a’ piccoli beni ch’egli desidera, si è come a un che si muor di fame e non può ottenere un tozzo di pane, preparargli un letto morbidissimo, o promettergli degli squisitissimi e beatissimi odori. Con questo divario che l’affamato concepirebbe pure il piacer che fosse per provare il suo odorato da quella sensazione,