<dc:title> Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giacomo Leopardi</dc:creator><dc:date>XIX secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Zibaldone di pensieri I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3502&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20171202095006</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Pensieri_di_varia_filosofia_e_di_bella_letteratura/3502&oldid=-20171202095006
Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura - Pagina 3502 Giacomo LeopardiZibaldone di pensieri I.djvu
[p. 426modifica] e questo piacere sarebbe della medesima natura di quello ch’ei desidera e non ottiene, cioè materiale e sensibile come l’altro. Non cosí possiamo dire de’ piaceri celesti promessi a chi desidera e non ottiene i terreni, nel qual caso l’uomo si trova naturalmente e necessariamente sempre, e l’infelice massimamente, benché tutti a rigore sono infelici, e lo sono perché tutti e sempre si trovano nel detto caso. Ora i piaceri celesti, al contrario di ciò che s’è detto qui sopra, son di natura affatto diversi da quelli che noi desideriamo e non ottenghiamo, e non ottenendo siamo infelici; e questa lor natura non può da noi per verun modo mai essere conceputa. Onde segue che la consolazione che può derivare dallo sperarli sia nulla in effetto; perché a chi desidera una cosa si promette un’altra, ch’è diversissima da quella; a chi è misero per un desiderio non soddisfatto si promette di soddisfare un desiderio ch’ei non ha e non può per sua natura avere né formare; a chi brama un piacer noto, e si duole [p. 427modifica]di un male noto, si promette un piacere e un bene ch’ei non conosce né può conoscere, e ch’ei non vede né può vedere come sia per esser bene, e come possa piacergli;