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*    Sovente ho desiderato con impazienza di possedere e gustare un bene già sicuro, non per avidità di esso bene, ma per solo timore di concepirne troppa speranza e guastarlo coll’aspettativa. E questa tale impazienza ho osservato che non veniva da riflessione, ma naturalmente, nel tempo ch’io andava fantasticando e congetturando sopra quel bene o diletto. E cosí anche naturalmente proccurava di distrarmi da quel pensiero. Se però l’abito generale di riflettere, o vero l’esperienza e la riflessione che mi aveano già precedentemente resa naturale la cognizione della vanità dei piaceri e la diffidenza dell’aspettativa, non operavano allora in me senz’avvedermene e non mi parvero natura (11 novembre 1820).


*   Dice Quintiliano l. 10, c. 1. Quid ego commemorem Xenophontis iucunditatem illam inaffectatam, sed quam nulla possit affectatio consequi? E certo ogni bellezza principale nelle arti e nello scrivere deriva dalla natura e non dall’affettazione o ricerca. Ora il traduttore necessariamente affetta, cioè si sforza di esprimere il carattere e lo stile altrui e ripetere il detto di un altro alla maniera e gusto del medesimo. Quindi osservate quanto sia difficile una buona traduzione in genere di bella letteratura,